L’Fbi ha fatto irruzione nell’ufficio del Rockefeller Center e nella stanza d’albergo di Park Avenue dove vive Michael Cohen, avvocato personale di Trump, sequestrando documenti aziendali, dichiarazioni fiscali, e-mail e documenti relativi a un pagamento all’attrice porno Stormy Daniels, che aveva firmato un documento per non rivelare di avere avuto una relazione sessuale con Trump. Il versamento a Daniels è solo una delle ragioni per cui Cohen è indagato; l’avvocato è al centro di una indagine per truffa, frode bancaria e informatica, violazione del finanziamento elettorale, aperta dalla procura federale di Manhattan, sulla base di documenti forniti dal procuratore speciale Robert Mueller che sta indagando sul Russiagate.

POCHE ORE DOPO le perquisizioni Trump ha sferrato un attacco durissimo contro il proprio dipartimento di giustizia da cui dipendono sia l’Fbi che Mueller, dicendo che sta perpetrando una «caccia alle streghe» nei suoi confronti, definendo la perquisizione un «furto con scasso». Nella furia Trump ha riparlato dell’ipotesi di licenziare Mueller nonostante non sia una mossa ben vista dai repubblicani.

Intanto ieri Mueller ha aperto anche un’altra pista, riguardante un pagamento da 150mila dollari da parte di un magnate dell’acciaio dell’Ucraina alla fondazione di Trump, in cambio di un discorso di 20 minuti in teleconferenza con Kiev nel settembre del 2015, durante la campagna elettorale, donazione sollecitata proprio da Cohen.

SE SU MUELLER non si sa bene come andrà a finire, Tom Bossert, il consulente per la sicurezza nazionale, ha invece deciso di dimettersi, il giorno dopo l’inizio dell’incarico di John Bolton come (controverso) Consigliere per la sicurezza nazionale. Bisognerà ora vedere se Trump non troverà opportuno abbracciare l’ipotesi di un raid sulla Siria, per distrarre gli americani dalle sue sempre maggiori beghe interne e personali.