Donald Trump ha dichiarato che il suo club privato di Mar-a-lago a Palm Beach, in Florida, dove ha la residenza, è stato perquisito dall’Fbi. La perquisizione è durata diverse ore, al momento l’Fbi e il Dipartimento di Giustizia non hanno né smentito né confermato e i portavoce non hanno voluto commentare le dichiarazioni di Trump, che non sembra aver preso bene l’irruzione dei federali.

«La mia bella casa, Mar-A-Lago a Palm Beach, in Florida, è attualmente sotto assedio, perquisita e occupata da un folto gruppo di agenti dell’Fbi. Hanno fatto controlli anche nella mia cassaforte», ha scritto Trump in una lunga dichiarazione in cui ha descritto l’intervento dell’Fbi come un «raid», aggiungendo che questi sono «tempi bui per la nostra nazione».
«Dopo aver lavorato e collaborato con le agenzie governative competenti – ha proseguito il tycoon – questo raid senza preavviso a casa mia non era necessario o appropriato». Trump ha poi  accusato i democratici di persecuzione nei suoi confronti finalizzata a impedirgli di candidarsi alla presidenza nel 2024, nonché per ostacolare i repubblicani nelle elezioni di midterm di novembre .
Trump ha affermato che la persecuzione politica nei suoi confronti «va avanti da anni. A Hillary Clinton è stato permesso di cancellare 33 mila email dopo che erano state richieste dal Congresso». E non è mai stata «chiamata a risponderne».
In realtà, secondo diverse fonti familiari con l’indagine sentite dal Washington Post, la perquisizione dell’Fbi è incentrata sul materiale che Trump ha portato a Mar-a-Lago, quando aveva lasciato la Casa bianca. 15 scatoloni contenenti pagine e pagine di documenti riservati che l’ex presidente avrebbe dovuto consegnare alla Biblioteca di Stato, gli archivi americani che conservano tutti gli atti e i documenti della Casa bianca, e che l’ex presidente non ha ritenuto opportuno cedere, anche se questo può rappresentare un crimine federale.
Secondo l’ex portavoce della Casa bianca Stephanie Grisham, Trump «non gestiva correttamente i documenti riservati. L’ho visto passare in rassegna i documenti, buttarne via alcuni, strapparne altri e metterne in tasca altri ancora».
Per mesi Trump ha evitato di restituire contenuto delle 15 scatole richieste dai funzionari degli archivi, che poi a febbraio  hanno notificato al Congresso di aver finalmente recuperato i documenti.  Al tempo la commissione di supervisione della Camera disse di stare conducendo un’indagine sulle azioni di Trump, che aveva minimizzato, definendo le sue azioni «un processo ordinario e di routine».
Ma non è proprio di routine che un ex presidente porti con sé scatoloni di documenti, e il blitz dell’Fbi non può dirsi un atto d’impulso: per ottenere un mandato di perquisizione nella residenza di un ex presidente, l’agenzia avrà prima dovuto convincere un giudice della possibilità di trovarsi di fronte a un reato, e poi, per procedere con la perquisizione, avrà dovuto ottenere l’approvazione dell’ufficio di presidenza e del Dipartimento di Giustizia.
«Una cosa è molto chiara – ha sottolineato su Twitter il consulente politico David Axelrod – Garland (il procuratore generale a capo del Dipartimento di Giustizia) non avrebbe autorizzato questo raid e nessun giudice federale l’avrebbe firmato, se non ci fossero prove significative per giustificarlo».
Per Trump invece é stato un «attacco che poteva avvenire solo in un Paese del terzo mondo. Purtroppo – ha scritto – l’America è diventato uno di questi paesi, arrivata a un punto di corruzione che non si era mai visto».
Con un bizzarro salto mortale dialettico Trump ha fatto un paragone fra la perquisizione a Mar a Lago e lo scandalo Watergate: per ironia della sorte, proprio l’8 agosto ricorreva l’anniversario delle dimissioni di Nixon. Ribaltando i piani il tycoon ha affermato che nel caso del Watergate «avevano fatto irruzione nella commissione democratica, qui, invece, sono i democratici che hanno fatto irruzione nella casa casa del 45° presidente degli Stati uniti». Dichiarazione che è stata un grido anti governativo, e anti Fbi, nonostante l’attuale capo dei federali sia stato nominato proprio da lui. Ma a giudicare dalla prima risposta della destra, il messaggio è stato ricevuto.
In poche ore i supporter di Trump sono accorsi davanti alla sua residenza in Florida per mostrare solidarietà al loro leader, scandendo slogan in cui chiedevano di togliere i fondi all’Fbi.