Europa

L’ex premier in manette, Sturgeon inguaia il partito

L’ex premier in manette, Sturgeon inguaia il partitoNicola Sturgeon, all’epoca della premiership, a Edinburgo – Epa/Robert Perry

Scozia Il caso: uso improprio dei fondi all’Snp. Brutto colpo per gli indipendentisti scozzesi. L’attuale primo ministro Yousaf sotto pressione: ora è la sua sedia a scricchiolare

Pubblicato più di un anno faEdizione del 13 giugno 2023

La notizia non è stata certo una sorpresa, ma il suo impatto mediatico è stato comunque senza precedenti: nella giornata di domenica l’ex premier e capo dello Scottish National Party, Nicola Sturgeon, è stata arrestata in relazione alle indagini in corso sull’uso improprio dei fondi del suo partito.

Sturgeon è stata rilasciata poche ore dopo il suo arresto, ma le richieste di dimissioni dal suo incarico di parlamentare giungono ora senza sosta da dentro e fuori il suo partito, mettendo in imbarazzo l’attuale primo ministro e capo dell’Snp Humza Yousaf.

STURGEON aveva rassegnato le sue dimissioni da capo del partito e del governo a febbraio, dopo nove anni nel suo ruolo, adducendo ragioni di carattere personale: dopo quasi un decennio in cui ha affrontato il referendum per l’indipendenza perso nel 2014, la difficile ricostruzione del consenso in seguito a tale sconfitta, la gestione dell’emergenza Covid, Sturgeon avrebbe sentito il bisogno di fermarsi.

Difficile pensare, tuttavia, che le sue dimissioni non avessero nulla a che fare con ciò che sarebbe successo poco dopo. Meno di due mesi dopo, a essere arrestato è stato suo marito Peter Murrell – Chief Executive Officer del partito dal 1999 al marzo 2023.

L’arresto rientrava nell’ambito delle indagini, avviate nel 2021, sull’opaco utilizzo di circa 600mila sterline raccolte per finanziare la campagna per un secondo referendum per l’indipendenza. Il sospetto è che quei fondi siano stati in larga parte usati per il sostentamento del partito piuttosto che per i propositi per i quali erano stati ottenuti.

Murrell è stato rilasciato poco dopo senza alcuna accusa formale, ma le disavventure per gli indipendentisti di Edimburgo non si sono fermate lì. Poche settimane dopo, e per le stesse ragioni, a essere arrestato era stato l’ex tesoriere del partito, Colin Beattie, anche lui interrogato e subito rilasciato.

IN SEGUITO alle dimissioni di Sturgeon, a essere eletto dall’Snp come nuovo leader e capo del governo era stato Humza Yousaf, sebbene con una risicatissima maggioranza. Alle elezioni di fine marzo, Yousaf ha ottenuto circa il 52% dei voti, mentre la sua concorrente diretta, la più giovane e conservatrice Kate Forbes, il 48%.

Se Forbes avrebbe rappresentato una svolta verso destra dell’Snp – soprattutto per quanto riguarda le posizioni sui diritti civili – la vittoria di Yousaf è stata quella della continuità sia con le politiche progressiste ed europeiste di Sturgeon che con la sua linea dura sull’indipendenza.

Un anno fa, l’ex premier aveva presentato alla Corte costituzionale una proposta per un nuovo referendum per l’indipendenza. Ottenuto un rifiuto, Sturgeon aveva dichiarato che le prossime elezioni politiche – da tenersi nel 2026 – sarebbero state considerate un referendum de facto: se il fronte indipendentista, di cui fanno parte anche i Verdi scozzesi, avesse nuovamente ottenuto la maggioranza, tale voto sarebbe stato considerato dal governo come un plebiscito per la secessione.

E tuttavia l’aumento della pressione mediatica sull’Snp riguardo alle indagini sui fondi del partito aveva ben presto fatto cambiare tono ai nazionalisti. Lo stesso Yousaf, pur sposando la linea Sturgeon, ha sempre commentato la questione del possibile strappo per l’indipendenza in maniera meno risoluta.

L’ARRESTO di Sturgeon complica ulteriormente il quadro. A fronte dell’inevitabile contraccolpo economico che la Scozia subirebbe, almeno in un primo momento, se l’indipendenza fosse raggiunta, i nazionalisti avevano sempre sostenuto che, da sola, Edimburgo avrebbe potuto gestirsi molto meglio – come dimostrato in particolare dalla, secondo loro, pessima gestione di Brexit e Covid-19 da parte del governo conservatore britannico.

Gli eventi di domenica e dello scorso mese, tuttavia, intaccano in maniera sostanziale la narrazione per cui l’autonomia lascerebbe che a gestire la Scozia siano persone e partiti più seri e competenti, liberi dalle folli politiche di Westminster. Il futuro dell’indipendenza sembra ora molto più oscuro.

A Yusaf il difficile compito di salvare partito, governo e causa indipendentista. Il primo ministro dovrà anche risolvere i crescenti conflitti interni al partito. In particolare, sono stati in molti negli ultimi due giorni a chiedere le dimissioni di Sturgeon da parlamentare, o la sua rimozione da parte di Yousaf – prospettiva che questi ha per ora escluso categoricamente.

Ma è la sedia di Yousaf stesso, ora, a scricchiolare. Considerato spesso poco più che un epigono di Sturgeon – «È un leader abbastanza forte per prendere le sue decisioni?», si chiedeva ieri Anas Sarwar, capo del Partito laburista scozzese, ad oggi in ascesa – Yousaf corre il serio rischio di essere travolto dalla valanga, il che aprirebbe scenari al momento imprevedibili.

I consigli di mema

Gli articoli dall'Archivio per approfondire questo argomento