Il decreto «salva-Ilva» è arrivato dopo una lunga e incerta attesa e ha scongiurato la chiusura dello stabilimento di Taranto minacciato da ArcelorMittal. La multinazionale ha incassato la norma sull’immunità per l’attuazione del piano ambientale, cancellata dal «decreto imprese», in scadenza oggi. L’articolo 14 del testo pubblicato sulla gazzetta ufficiale,e approvato dal governo «Conte Uno» il sei agosto, due giorni prima che Salvini decidesse di staccargli la spina, ha stabilito che gli interventi realizzati dall’azienda non possono dar luogo a responsabilità penale, anche se «resta ferma la responsabilità penale, civile e amministrativa per la violazione di norme a tutela della salute e della sicurezza dei lavoratori». È stato il risultato di un compromesso raggiunto a suo tempo dalla Lega e dai Cinque Stelle. Il partito di Salvini l’ha imposto e ora, terminata l’esistenza del precedente esecutivo, i pentastellati sono tornati a criticare la legge approvata dall’esecutivo al quale hanno partecipato fino a pochi giorni fa. «Non ci sarà l’immunità per il gestore Mittal in sede penale, civile e amministrativa per la violazione di norme sull’incolumità pubblica, sulla sicurezza e sulla salute dei lavoratori. Le residuali tutele legali sono limitate solo per alcuni impianti. E non è stato raggiunto il bilanciamento degli interessi tra impresa, cittadini e diritti costituzionali per la mancanza di una valutazione del danno sanitario preventiva» sostengono i parlamentari tarantini dei Cinque Stelle Cassese, De Giorgi, Ermellino, Turco e Vianello.

CONTRARIA all’immunità è l’associazione Genitori Tarantini secondo i quali «l’immunita’ non serve a tutelare i gestori durante l’avanzamento dei lavori prescritti dall’Aia. Serve esclusivamente per permettere la continuita’ produttiva. Quanto vale, allora – si chiedono i Genitori Tarantini – la sentenza emessa dalla Corte europea per i Diritti umani (Cedu) che ha ritenuto lo Stato italiano colpevole di non aver tutelato e non aver rispettato la vita privata e famigliare dei tarantini e non aver consentito loro, per mezzo dei decreti salva-Ilva, di avvalersi del diritto ad un ricorso effettivo, condannandolo a porre rimedio nel più breve tempo alla situazione che lo stesso Stato ha creato a Taranto?».

«ORA È LEGGE dello Stato, Il vergognoso ricatto ha dato i suoi amari frutti – ha commentato l’Unione Sindacale di Base (Usb) – È stata confermata l’extraterritorialità dello stabiliment. Il valore, definito strategico per legge, della siderurgia a ciclo integrale è tale da spingere i governi a legittimare l’emissione di veleni che si riversano sulla città e che uccidono centinaia di cittadini.Grazie al decreto imprese, ora nessuno risponderà penalmente per quei morti. L’intervento dell’ex ministro Di Maio. È un semplice ritocco furbesco che non muta la sostanza. Limitare l’immunità alle opere del piano ambientale in uno stabilimento dove quasi tutti gli impianti sono sottoposti a sequestro per la mancata adozione delle misure di sicurezza e di tutela ambientale è semplicemente ipocrita».

«È STATO un bene la pubblicazione del decreto – ha commentato la Fiom Cgil – Ora è necessario che il Tribunale del Riesame si esprima sul ricorso sulla facoltà d’uso dell’impianto, altrimenti il 10 ottobre lo spegnimento dell’altoforno 2 produrrebbe uno squilibrio insostenibile nei volumi produttivi con un ulteriore drammatico impatto sull’occupazione». Arcelor Mittal ha comunicato la proroga per altre 13 settimane della cassa integrazione. Una decisione «gravissima» per la Fiom. Anche di questo si dovrà ragionare con il neo-ministro dello sviluppo Stefano Patuanelli (Cinque Stelle) al quale i sindacati hanno chiesto un confronto urgente.