Di Libia, Tunisia e Stato islamico (Isis) si è parlato ieri nel Consiglio europeo diBruxelles. I capi di Stato e di governo dei 28 paesi Ue hanno condannato «lospaventoso attentato terroristico» di mercoledì a Tunisi e si sono impegnati a intensificare la collaborazione con il paese nella lotta al terrorismo, per favorire la «promettente transizione democratica» tunisina con un sostegno diretto allo sviluppo economico e sociale del paese. In riferimento agli attentati del museo del Bardo, di attacco all’Europa aveva parlato nei giorni scorsi l’Alto rappresentante della politica Estera Ue, Federica Mogherini.
Proprio ieri il governo tunisino ha reso noto che i due terroristi responsabili degli attacchi di Tunisi, Yassine Abidi e Hatem Khachnaoui, uccisi dalle forze speciali, erano stati addestrati in Libia nei campi di Sabratam, Bengasi o Derna. Anche l’inviato dell’Onu in Libia, Bernardino Léon, impegnato in una nuova tornata di colloqui tra le fazioni di Tobruk e Tripoli, ha confermato l’esistenza in Libia di «campi di addestramento che vengono utilizzati per attacchi contro altri paesi della regione».

In merito al conflitto in corso in Libia, il vertice Ue ha puntato tutto sugli incentivi al negoziato. E così, se verrà formato un governo di unità nazionale, l’Ue potrà mettere in atto missioni di sicurezza o polizia per attività come la messa in sicurezza di edifici governativi, infrastrutture strategiche e il controllo delle frontiere. In particolare, il premier italiano Matteo Renzi, che più volte si è detto favorevole a un intervento armato in Libia, ha ripetuto il suo leitmotiv della «minaccia globale» di Is. Ma questa volta a fargli da eco è stato anche il cancelliere tedesco, Angela Merkel, che ha confermato come «l’influenza di Is stia crescendo in Libia» aggiungendo però il suo sostegno ai tentativi dell’Onu per la formazione di un governo di unità nazionale». Durante un incontro a margine del vertice di ieri si è discusso anche di nucleare iraniano e della necessità che venga raggiunto un accordo che metta fine alle sanzioni internazionali.

Nelle stesse ore, alla Farnesina si è svolto anche un vertice del gruppo di Lavoro sul Contrasto al finanziamento allo Stato islamico. Secondo i 26 paesi partecipanti, inclusi Stati uniti e Arabia Saudita (tra i principali finanziatori del gruppo), la questione centrale è prevenire l’utilizzo da parte di Is del sistema finanziario internazionale, inclusi i trasferimenti non regolamentati di rimesse e contrastare l’attività estorsiva del gruppo impedendo che possa prestare assistenza finanziaria o supporto materiale a gruppi terroristici in altre parti del mondo. Ma il conflitto in Libia non sembra avere fine. La Brigata 166 del Cartello di Misurata, che appoggia il parlamento di Tripoli non avrebbe ripreso il centro di Sirte nelle mani dello Stato islamico, come annunciato nei giorni scorsi. La milizia sarebbe invece rientrata a Misurata, città natale del defunto colonnello Muammar Gheddafi.

A rincarare la dose è intervenuto l’epigono libico del presidente egiziano al-Sisi, Khalif Haftar. Ieri l’ex generale, ricordando che proprio Is ha rivendicato gli attacchi in Tunisia, ha avvertito di una concreta minaccia che i combattenti dello Stato islamico arrivino in Europa se l’Occidente non appoggerà il suo tentativo di conquista di Tripoli con armi e bombardamenti. In particolare Haftar ha cavalcato l’onda della partenza di jihadisti dalle coste libiche insieme ai migranti clandestini che lasciano il paese: ricostruzione fantasiosa che aveva fomentato non poche polemiche nei giorni scorsi. Secondo Haftar, a quel punto Is porterà la distruzione in Europa e sarà impossibile fermarlo. Secondo l’ex agente Cia, i combattenti di Is in Libia sarebbero almeno 7.500, inclusi foreign fighters arabi e africani addestrati in Siria.