«Basta chiamarlo “progetto di Marino”. Il dossier che sostiene la candidatura di Roma 2024 è stato voluto da Giovanni Malagò e Luca di Montezemolo. In netta contrapposizione con la giunta di Ignazio Marino, tanto che su quel piano si produsse la rottura tra noi e il Coni. Con Matteo Renzi che si schierò subito dalla loro parte». Giovanni Caudo, che fu assessore all’Urbanistica durante la precedente amministrazione comunale, prima del periodo commissariale del prefetto Tronca, polemizza con chi attribuisce al precedente sindaco di Roma la paternità del progetto inviato al Cio. Tra costoro ci sarebbe, sostiene Caudo, anche l’attuale assessore Paolo Berdini che ieri sul manifesto ha rivendicato l’ispirazione totalmente opposta del «piano per Roma» che la giunta Raggi vuole ora portare a Palazzo Chigi chiedendo di finanziare un «patto per la Capitale». «Possibile che un così importante esponente del governo capitolino non sappia che quel progetto è stato voluto da Malagò? Forse è più facile attaccare Marino…».

Eppure voi lavoraste con il Coni, nella redazione di quel dossier.

Sì, collaborammo dal marzo al settembre 2015. La candidatura formale con la lettera di Marino al Cio fu inviata il 15 settembre. A luglio 2015, dopo aver ricevuto il via libera e dall’assemblea capitolina con l’ordine del giorno votato a giugno, con Marino e con il sottosegretario De Vincenti portammo al Cio il primo concept per il progetto che si chiamava «Roma 2025». Non è un errore, si chiamava così perché era la programmazione urbanistica per il giubileo del 2025 all’interno del quale si parlava anche delle Olimpiadi del 2024. Il concetto era: gli eventi per la città e non la città per gli eventi. I pilastri portanti erano tre: recupero di tutte le strutture esistenti, valorizzazione dell’eredità delle Olimpiadi del ’60, e una legacy di elevato valore urbano: una “città della giustizia” al posto del villaggio olimpico. Il quale però era previsto che sorgesse in un parco fluviale tra la Salaria e la Flaminia, su 100 ettari di terreno pubblico. Poi l’11 settembre, pochi prima della candidatura, ci fu una riunione dove il Comitato Roma 2024 pose il vincolo del villaggio olimpico da costruire a Tor Vergata.

Con quale motivazione?

Di carattere sportivo: Malagò tagliò corto dicendo che chi si occupa di sport sa bene che quello è l’unico luogo idoneo. Non aggiunse altro. E lì ci fu la rottura. Fu chiaro che il progetto che Roma 2024 voleva presentare non era il nostro. Perché tra l’altro prevedeva come legacy le case, ancorché come studentato ma pur sempre case.

Come si concluse quella riunione?

Con un comunicato che non evidenziava la rottura ma presentava le due opzioni, rinviando la decisione dopo ulteriori approfondimenti. In ogni caso la divergenza era evidente. Una mezz’ora dopo la conclusione di quella riunione Renzi emise un comunicato con il quale si congratulava con Malagò per l’ottimo lavoro ma non citava mai il Comune. L’8 ottobre Marino si dimise.

Il dossier inviato al Cio a febbraio 2016 ha tenuto conto del vostro progetto?

In buona parte, sì, tranne che per il villaggio olimpico. Non c’è traccia della nostra proposta. Invece contiene il piano del Coni, con il progetto di Tor Vergata.

Ha fatto bene quindi la sindaca Raggi a dire di no?

Se avesse dovuto accettare quel progetto, sì. Ma credo che Raggi poteva dare un volto nuovo a questa candidatura. Politicamente capisco la sua scelta, visto le promesse in campagna elettorale. Ma non è vero che non avesse il tempo di cambiare il dossier. Il mio rammarico è che in questa città non si riescono a costruire decisioni così importanti. Si prendono solo posizioni a prescindere, sì o no. È un gioco degli estremi, mentre invece si poteva lavorare a costruire una decisione comune. Se ci fosse stato un progetto già condiviso con la città forse oggi avremmo la candidatura.

E allora perché non avete istituito un referendum? E perché il Pd non ha appoggiato la proposta dei Radicali, se non ripensandoci negli ultimi giorni?

Io non sono del Pd, facevo parte della giunta come esperto. Posso solo dire che dopo la presentazione della candidatura formale, avremmo voluto illustrare il nostro progetto alla città e proporre un referendum sulla base di una scelta più consapevole. Ma poi purtroppo non c’è stato il tempo.