Siamo amanti della circolarità. Ci piacciono da morire le storie che non si quando iniziano e neanche quando finiscono ma poi in fondo, a pensarci bene, tutto torna. Vista l’assurdità del momento storico in cui viviamo, pensiamo per un momento al mondo r’n’b come a un segmento. Per non far torto a nessuno tagliamo via brutalmente i due estremi. Una bella sforbiciata a Funeral di Lil Wayne, forse il suo disco peggiore, un peccato perché lui ha talento da regalare, anche se ha la scusante che davvero non se la passa bene in questi ultimi tempi.

VIA ANCHE After Hours di The Weekend, perché è insindacabilmente un gran bel disco per quanto è diverso, più maturo, più strutturato del precedente Starboy. Che rimane in mezzo? Molto, per fortuna. A iniziare da Moses Samney, una sorta di James Blake nato in California da genitori del Ghana. Si intitola græ: Part 1 il suo album, a breve (15 maggio) uscirà anche il secondo capitolo, e mostra un’estetica in bilico tra le sonorità soul Motown, il lo-fi e il nu soul. Samney ha condensato alla perfezione tutto ciò che c’è in mezzo, vive tra Frank Ocean e Thom Yorke. Fosse stata un pochino più semplice la sua musica, sarebbe in testa alle classifiche di mezzo mondo ma non è un elemento qualificante finire in classifica. Più semplice, non in assoluto ma solo rispetto alla sua produzione precedente è It is What it is di Thundercat. Super album prodotto dall’altro genio del nuovo jazz Flying Lotus, è il miglior esempio attuale di r ’n’ b più evoluto. Chi lo ricorda come bassista (con Kendrick Lamar per esempio) ne ricorda solo uno dei volti.

QUI C’È L’ALTRO: un compositore ricco e sofisticato, un accentratore di personaggi. Ci sono in questo disco infatti Childish Gambino, il sassofono di Kamasi Washington, i BADBADNOTGOOD, e il nuovo idolo dall’hype piuttosto ingombrante, Steve Lacy. Troppa California? Forse, allora meglio andare in Louisiana, a New Orleans, dove questo strambo personaggio chiamato Jay Electronica, forse il miglior epigono di LL Cool J, comunque uno che pare uscito da quella generazione là del rap, si è messo in bella mostra. Attivo da venti anni, arriva all’esordio solo oggi con il suo A Written Testimony. In realtà si tratta di una seconda produzione nella corsa di vent’anni di questo produttore e rapper, però Act 1: Eternal Sunshine (The Pledge) è ormai introvabile e forse neanche lo rappresenterebbe al meglio.