«Presumiamo che composti di diossina, Pcb e furano siano stati trasportati nelle aree residenziali vicine all’impianto chimico dalla nuvola di fumo rilasciata dall’esplosione».

IL GIORNO DOPO il disastro ambientale al Chempark di Leverkusen, l’Agenzia ambientale del Nordreno-Vestfalia certifica la tossicità del fungo nero prodotto dallo scoppio dell’impianto di trattamento dei rifiuti speciali gestito dalla società australiana Currenta, nonostante i primi risultati ufficiali del campionamento dell’aria saranno disponibili solo alla fine della settimana. Mentre si spegne ufficialmente la speranza di trovare vivi i cinque dispersi che «quasi sicuramente» sono morti proprio come i due operai dichiarati deceduti martedì, come ha specificato ieri il portavoce di Currenta in conferenza stampa.

AL CONTEMPO A LEVERKUSEN viene confermato lo «stato di massima allerta» della Protezione civile per la «sospetta velenosità dell’atmosfera» nel quartiere di Bürrig (il rione confinante con il Chempark): ai residenti continua a essere vietato raccogliere i prodotti degli orti così come la frequentazione dei campi sportivi, dei parchi giochi, delle piscine. Si aggiunge al divieto di accesso nel polo chimico per i circa 45.000 lavoratori delle 70 imprese concentrate negli 11 chilometri del distretto industriale, ad eccezione dei pochi operai impiegati nei lavori di ripristino urgente delle linee elettriche interrotte dalla mega-esplosione.

SONO COMINCIATE le indagini sulle cause dell’«incidente di massa» (così la definizione del direttore dell’ospedale locale dove sono ricoverati i 31 feriti): la polizia di Colonia ha istituito un’apposita squadra investigativa e la Procura generale di Leverkusen ha aperto il fascicolo giudiziario con l’ipotesi di omicidio colposo. «Non possiamo escludere l’errore umano alla base del disastro» ha tenuto a precisare il procuratore capo Ulrich Bremer.
In parallelo è scattato l’obbligo per Currenta di ripulire le strade e gli edifici ricoperti dalla fuliggine che ha fatto ricadere a terra microparticelle oleose e frammenti del deposito scoppiato di diversi centimetri.

L’AGENZIA AMBIENTALE del Land, a riguardo, fa sapere che l’analisi della qualità dell’aria non è ancora conclusa e bisognerà quindi aspettare ancora da due a tre giorni per l’esito ufficiale delle misurazioni anche se «il grave problema con le sostanze che contengono cloro è che i suoi composti si trasformano facilmente in diossina o Pcb durante un processo di combustione» come ha riassunto il portavoce.
Informazione decisamente allarmante, ricorda Daniel Dietrich, responsabile del gruppo di lavoro sulla tossicologia dell’Università di Costanza: «La questione della concentrazione è cruciale perché diossina, Pcb e composti furanici sono sicuramente associati a malformazioni negli animali e in alte concentrazioni anche nei neonati», nonostante la contaminazione non sia automatica «se la zona investita dall’incidente chimico verrà ripulita nel giro di poco tempo».

NELL’ATTESA DI SAPERE se Currenta sarà davvero in grado di decontaminare soprattutto la rete viaria e gli ingressi delle abitazioni del quartiere di Bürrig, non si spegne il timore per gli effetti a medio termine dei composti tossici rilevati nell’«Inventario delle diossine»: corposo rapporto dell’Ue che prova, tra l’altro, come il trattamento dei rifiuti speciali (a partire dall’incenerimento) sia il massimo responsabile dell’emissione di diossine insieme al settore siderurgico: «Nonostante i considerevoli sforzi degli ultimi anni per ridurre le emissioni degli inceneritori di rifiuti solidi urbani questo tipo di fonte continua a dominare l’immissione di diossine in atmosfera».

BEN DIVERSA LA SITUAZIONE della contaminazione delle acque (Il Chempark di Leverskusen si trova a una manciata di chilometri dal Reno): i dati scientifici attuali sono scarsi e riferiti quasi solo alla produzione di carta e allo smaltimento degli olii usati, mentre la conoscenza degli effetti provocati dalla chimica industriale rimane ancora troppo parziale, come sottolinea il rapporto europeo «Esposizione da diossine e salute». Tuttavia, il vero nodo rimane squisitamente politico: la chimica rappresenta l’ossatura del made in Germany famoso in tutto il mondo, e pochi nella Repubblica federale si permettono di mettere seriamente in discussione la produzione di colossi del settore che spaziano da Basf a Bayer, da Henkel alla (famigerata) Ig-Farben, da Altana a Covestro, passando per Evomik, Degesch, Schering e i produttori di colla come Uhu. Tutte insieme queste imprese vantano un fatturato annuo di quasi 203 miliardi di euro impiegando ben 460.000 dipendenti. Anche se il cuore del settore – che è il più grande d’Europa – rimangono le oltre 2.000 aziende di piccole e medie dimensioni con meno di 500 lavoratori: rappresentano tuttora il 90% del comparto e un terzo delle vendite totali.