cover Lev
L’operazione «Kindertransport» fu quella missione diplomatica che preparò la fuga e la risistemazione presso famiglie affidatarie (spesso rurali) della Gran Bretagna di diecimila bambini ebrei, all’entrata in vigore delle leggi razziali naziste. Cinquanta sterline per ogni «accoglienza» e spese pagate di mantenimento e alloggio: l’Inghilterra accettò e in molti, attraverso varie peripezie, riuscirono a lasciare una Germania in fiamme, dove gli attacchi agli ebrei erano divenuti quotidiani e sempre più minacciosi.

Naturalmente migliaia e migliaia di ragazzini che cambiano paese, identità, scuola, abitudini fanno la Storia e intrecciano le loro vicende private a quelle collettive, costruiscono una narrazione dell’epoca da un punto di vista particolare e, in questi tempi di migrazioni forzate e di esodi drammatici aiutano a non far snocciolare solo numeri «umani» senza alcuna emotività, ma a raccontare la nostalgia, la paura, la crescita improvvisa e obbligata, la lontananza dai genitori, la solidarietà trovata per caso in persone estranee, insomma la «fisicità» della vita vera.

C’è un albo per i lettori alle prime armi, mandato in libreria da Gallucci editore, che riesce bene in questo intento di affabulazione non asettica, provocando risonanze interiori e sollevando ricordi: è Lev (pp. 32, euro 13) di Barbara Vagnozzi, autrice dei testi – tradotti anche in inglese – e dei disegni, che riprendono il tratto delle illustrazioni e dei cartoni animati anni Quaranta, soprattutto quelli prodotti nell’Est Europa. Lev Nelken, nato a Breslau nel 1926 e venne «traghettato» a Londra nel ’39, con uno degli ultimi viaggi salvifici prima di quelli «dannati». Fu la sorella Hannah il suo angelo custode: lei raggiunse prima l’Inghilterra e poi, per racimolare i soldi necessari alla partenza del fratello, cominciò a cucire e ad attaccare bottoni in modo quasi ossessivo tanto da conquistare la stima della padrona della sartoria e indurla a fare una colletta fra le amiche.

Così, Lev a 13 anni saluta i genitori alla stazione, li rivedrà molti anni dopo. Oltretutto, un soldato tedesco gli requisisce l’unico souvenir della sua infanzia, la valigia con l’amata collezione di francobolli. Da quel momento, dovrà diventare grande senza «stampelle affettive», mangiando minestre con fango, resistendo all’angoscia e allo smarrimento. Lo farà studiando ingegneria civile e integrandosi nella nuova metropoli. È sua la nuova costruzione del Covent Garden Market. Poi, una volta adulto, con sua moglie Reva, avrà due figli, nove nipoti e molti altri pronipoti. I nazisti hanno perso su tutti i fronti con lui e i «suoi».

Lev e suo figlio David hanno vinto la reticenza e affidato la loro storia ai posteri, il teatro delle Ariette l’ha mandata in scena, Vagnozzi l’ha regalata, con la sua intensità poetica, ai bambini del mondo.