Dopo che due giorni fa la magistratura bielorussa ha accusato – un po’ grottescamente – la leader dell’opposizione Marya Kolesnikova (in prigione e isolamento da una settimana), di aver «invocato azioni volte a danneggiare la sicurezza nazionale» che le potrebbero costare 5 anni di prigione, il Parlamento europeo ieri ha preso una durissima posizione sulle violazioni delle libertà democratiche nel paese slavo.

Nella risoluzione approvata a larghissima maggioranza – l’italiana Lega si è astenuta – si accolgono con favore le attività del Consiglio di coordinamento dell’opposizione di Svetlana Tikhanovskaya, definito «rappresentanza di transizione del popolo», una sorta di riconoscimento tipo «governo in esilio» di cui non si sentiva parlare da decenni in Europa. La risoluzione adottata inoltre afferma che il parlamento europeo «sostiene il popolo bielorusso e la sua richiesta di elezioni libere ed eque, e ritiene inoltre necessario risolvere pacificamente la crisi» condannando altresì «l’interferenza ibrida» della Russia. Le misure per imporre la soluzione richiesta dagli europarlamentari sono molte dure come l’abbandono del «sostegno finanziario al regime bielorusso, compresi i prestiti tramite la banca europea per gli investimenti e la banca europea per la ricostruzione e lo sviluppo, sostenendo economicamente allo stesso tempo i difensori dei diritti umani, gli attivisti e i rappresentanti della società civile in Bielorussia», senza però fare alcun cenno all’entità del sostegno (solo la Polonia ha parlato di un “Piano Marshall” per il futuro democratico del paese di 1 miliardo di dollari). Altre misure all’esame sono il blocco di tutte le operazioni finanziarie nel vecchio continente in cui siano coinvolti i ministri del governo bielorusso e direttamente o indirettamente lo stesso Alexander Lukashenko..