Un punto di equilibrio tra le esigenze turche e russe nello scacchiere del Medio Oriente sembra difficile da trovare. È questa la sensazione che circola tra gli osservatori a Mosca, dopo che ben sei ore di colloqui non sembrano bastate a Erdogan e Putin per trovare la quadra per quanto riguarda l’unità territoriale della Siria ancor di più che la questione curda, secondaria per il Cremlino.

Il presidente russo prima di entrare nella sala di Soci che ha ospitato il meeting russo-turco era apparso preoccupato: «Una soluzione sarà difficile da trovare», aveva anticipato ai giornalisti. Anche perché dietro le quinte si agitano i rapporti dei due Stati con l’Europa.

Le relazioni tra Ankara e Bruxelles non sono mai stati così difficili come ora. Anche perché il blitz turco in Siria ha lasciato strascichi non solo a livello delle cancellerie ma anche tra l’opinione pubblica del Vecchio Continente, largamente simpatizzante con il popolo curdo.

Su questo aspetto, sabato, il leader russo aveva avuto un colloquio con la cancelliera Angela Merkel: si era convenuto, secondo quanto comunicato dal Cremlino, «sulla necessità di giungere a una stabilizzazione a lungo termine nella Repubblica siriana solo sulla base del rispetto dei principi di unità e integrità territoriale del paese e tenendo conto degli interessi di ciascun gruppo etno-confessionale del popolo siriano».

E l’altro ieri, proprio alla vigilia dell’incontro di Soci, è stata la volta di Macron. Il presidente russo avrebbe informato il francese «degli sforzi compiuti dalla Russia per stabilizzare la situazione». I due sarebbero stati anche d’accordo sull’«importanza di avviare un dialogo intra-siriano nell’ambito del Comitato costituzionale, che sarà convocato a fine ottobre sotto gli auspici delle Nazioni unite a Ginevra». Un formato che rischierebbe di lasciare ancora più isolata Ankara.

Da sottolineare che nella telefonata tra il leader francese e quello russo si è giunti a una posizione comune sul proseguo per giungere alla pace nel Donbass. I presidenti di Russia e Francia, nel ribadire che non esistono alternative agli accordi di Minsk, hanno affermato che «Kiev è tenuta ad attuare incondizionatamente tutti gli accordi raggiunti nel formato Normandia e nel gruppo di contatto».

Innanzitutto, la separazione delle forze e la linea degli insediamenti di Zolotoy e Petrovsky, nonché l’approvazione della formula Steinmeier da parte della Rada ucraina. Un richiamo perentorio a Zelensky, che ha proprio come principale alleato nell’area del mar Nero proprio la Turchia di Erdogan.

A livello diplomatico l’antifona è stata chiara e ha spinto Ankara a rispondere a tono alla Russia. Ieri a Soci la delegazione della Mezza Luna ha voluto ricordare che per ora l’acquisto di sistemi d’arma russa restano «congelati», in particolare i caccia Su-35 e Su-57 e quello di nuove batterie di sistemi di difesa aerea S-400.