La guerra dei vaccini esplode a causa della penuria, la mancanza di trasparenza sui contratti con Big Pharma non fa che alimentarla, mentre nessuno parla di sopprimere i brevetti per permettere a tutti di lottare contro la pandemia. In Europa, le tensioni continuano tra Ue e Gran Bretagna a proposito di AstraZeneca, che oggi dovrebbe ricevere l’autorizzazione per il suo Covid shield. Mentre gli altri paesi – a cominciare dagli extra Ue più vicini – si rivolgono a Cina o Russia, che giocano in questa battaglia la carta geopolitica. La Serbia ha così deciso di fornirsi del Sinopharm di Pechino e ha criticato seccamente la Ue, che «ci abbandona», malgrado le promesse.

LA UE IERI è ripartita all’offensiva nello scontro con AstraZeneca per il taglio drastico alle consegne di dosi nel primo trimestre. Su richiesta della Commissione, il Belgio ha mandato degli investigatori nell’impianto AstraZeneca di Seneffe, per verificare se delle dosi siano state vendute fuori dalla Ue, in particolare alla Gran Bretagna (e non solo, si parla anche di Medioriente).

La Commissione, su pressione di Germania e Francia, intende mettere in atto un meccanismo di trasparenza sull’export di vaccini al di fuori della Ue per le case farmaceutiche che non rispettano i contratti, che comporta l’obbligo per i laboratori di segnalare le esportazioni fuori dai confini europei, come era successo con le mascherine e il materiale sanitario la scorsa primavera.

Il presidente del Conisglio Ue, Charles Michel, ha evocato la possibilità di ricorrere a vie legali per obbligare il laboratorio a rispettare gli impegni. Il contratto tra la Ue e AstraZeneca non è stato ancora reso pubblico, come del resto nessuno degli altri, a parte qualche informazione non esaustiva su quello con CureVac, a cui hanno avuto accesso degli europarlamentari.

La Ue continua a chiedere a AstraZeneca di rispettare il contratto – sono state preordinate 300 milioni di dosi – che prevede di produrre quantità sufficienti di dosi, facendo «migliori sforzi» per mantenere l’impegno. Ma l’università di Oxford, che ha messo a punto il Covid shield poi prodotto dal gigante anglo-svedese AstraZeneca, avrebbe preso l’impegno con il governo inglese di consegnare i vaccini prima che ad altri, l’accordo prevederebbe che le dosi prodotte in Gran Bretagna devono andare alla Gran Bretagna e solo più tardi la produzione dei due siti del Regno unito potrà essere «un’opzione per la Ue».

MERCOLEDÌ SERA, dopo l’incontro con AstraZeneca, la commissaria alla Salute, Stella Kyriakides, ha parlato di «tono costruttivo» ma ha aggiunto che «manca ancora chiarezza sul calendario delle consegne». Bruxelles chiede che i siti britannici forniscano dosi, se la produzione nei siti di Belgio e Germania non è sufficiente. Boris Johnson, che attribuisce alla Brexit la maggiore efficacia britannica nei vaccini, assicura di non voler «vedere restrizioni alle frontiere per i vaccini, gli ingredienti e le medicine», poiché la «produzione di vaccini è uno sforzo internazionale».

Ma nei fatti, Londra, come altri, sta mettendo restrizioni all’esportazione di medicinali: 170 medicine, la maggioranza legate alla cura dei malati di Covid, sono sottoposte a restrizione all’export.

IL NERVOSISMO CRESCE in Europa, alimentando poco per volta il nazionalismo vaccinale. In Germania, dove c’è stata la polemica sulla penuria malgrado la scoperta di BionTech, start up tedesca, il ministro della Sanità, Jens Spahn, ha affermato ieri che ci saranno «ancora almeno dieci settimane dure» per la mancanza di vaccini sufficienti. Spahn ha chiesto un vertice tra Angela Merkel e i presidenti dei 16 Länder, per vedere come farvi fronte.

In Francia, dove sono imminenti decisioni su un terzo lockdown, i ritardi delle vaccinazioni si accumulano, ci sono deprogrammazioni. L’opposizione chiede di vedere i contratti firmati. In Spagna, le vaccinazioni sono state sospese a Madrid, perché mancano le dosi, mentre la Catalogna teme di doverlo fare da oggi.

La Francia è scoperta, perché Sanofi non ha ancora messo a punto un vaccino e ha accettato quella che viene considerata un’umiliazione nazionale, di produrre 100 milioni di dosi del Pfizer, a partire da luglio, visto che anche l’Institut Pasteur ha rinunciato (era in cooperazione con l’americana Merck). Il difensore dei cittadini Ue, l’irlandese Emily 0’Reilly, appoggia la richiesta dell’ong Corporate Europe Observatory, sulla pubblicazione dei contratti con Big Pharma: la Commissione deve rispondere entro l’11 febbraio.