Violazione del diritto alla salute delle donne e del principio di non discriminazione. La condanna dell’Italia da parte del Consiglio d’Europa, che questa volta arriva per la mancata applicazione dell’articolo 9 della legge 194 sull’aborto «a causa dell’elevato e crescente numero di medici obiettori di coscienza», è chiara. E nota al governo italiano almeno da quattro mesi, ormai (un tempo tecnico, di embargo della condanna, concesso per contestare il provvedimento e/o riparare alla violazione). Ma la ministra della Salute Beatrice Lorenzin, che pure ricopre quell’incarico dal 28 aprile dell’anno scorso, ieri sembrava caduta dal pero e con una nota formale ha smentito i dati del Comitato europeo dei Diritti Sociali. Ma con gli stessi argomenti sostenuti fin dal giorno prima – siamo nell’era Renzi, però – sul portale ufficiale del Vaticano www.news.va da Paola Ricci Sindoni, la presidente dell’Associazione «Scienza e vita».

La fotografia della distribuzione dei medici obiettori di coscienza nel nostro Paese la fornisce l’Osservatorio italiano sui diritti Vox, una delle associazioni che hanno partecipato al ricorso collettivo contro l’Italia depositato l’8 agosto 2012 davanti al Comitato europeo dei Diritti Sociali del Consiglio d’Europa (il Ceds l’ha accolto con 13 voti favorevoli e un solo contrario) dalla Ong Ippf (International Planned Parenthood Federazion European Network) insieme all’Associazione italiana di ginecologi per la l’applicazione della legge 194, Laiga. «Complessivamente, in Italia gli obiettori sono il 69,3% del totale del personale addetto», si legge sul sito www.voxdiritti.it. Il dato è del 2011 ed è importante sapere che nel 1983, a cinque anni dalla promulgazione della legge 194, i ginecologi obiettori erano il 59.1%. I motivi sono noti da tempo, soprattutto ai lettori del manifesto: la campagna demagogica e oscurantista delle destre cattoliche ha amplificato un fenomeno dovuto soprattutto al lavoro duro e poco remunerativo dei ginecologi non obiettori. E, ovviamente, «il numero degli aborti eseguiti nel 2012 è stato di 105.968, in diminuzione rispetto all’anno precedente del 4,9%». Mentre aumentano gli aborti clandestini e il ricorso ai servizi sanitari di altri Paesi europei.

Ma la ministra Lorenzin sostiene che il Ceds – «che, va ricordato, non è un organismo di rappresentanza politica», si legge nella nota governativa – «non ha tenuto conto del quadro complessivo emerso dalle diverse relazioni sulla stessa legge, presentate ogni anno al parlamento». In realtà i dati sono gli stessi – quelli raccolti dall’Istituto superiore di sanità – e scattano la medesima fotografia, solo che da un altro punto di vista: «Il carico di lavoro per i ginecologi non obiettori negli ultimi trent’anni si è dimezzato – scrive il ministero – passando da 3.3 aborti a settimana nel 1983 agli attuali 1.7, considerando 44 settimane lavorative in un anno. Anche il calcolo eseguito per ciascuna regione italiana conferma un impegno di lavoro congruo per i non obiettori: si va da un minimo di 0.5 Ivg a settimana della Val d’Aosta a un massimo di 4 Ivg a settimana per il Lazio».

«Appare difficile, a fronte di tali dati, sostenere che il numero elevato degli obiettori di coscienza sia un ostacolo per l’accesso all’Ivg», conclude il Ministero, che comunque annuncia di aver «già avviato, insieme alle regioni, un monitoraggio» di ogni struttura sanitaria e consultorio attraverso «schede di raccolta dati» già in via di elaborazione. Lorenzin avverte poi che presto valuterà se inviare al Consiglio d’Europa i suoi dati per «effettuare delle controdeduzioni».

«Forse non hanno capito che il tempo per contestare il provvedimento lo hanno già avuto – commenta l’avvocata costituzionalista Marilisa D’Amico, cofondatrice di Vox – e ora l’Italia è stata condannata per violazione dell’articolo 11 della Carta sociale europea che tutela il diritto alla salute e il principio di non discriminazione. Dovrebbero invece monitorare il numero altissimo e crescente di aborti spontanei che secondo i medici sono in gran parte provocati, di fatto sono aborti clandestini». A questo punto l’Italia rischia una sanzione da parte dell’Europa ma nei prossimi mesi il Ceds dovrà pronunciarsi anche su un altro ricorso presentato dalla Cgil riguardo il diritto al lavoro dei medici non obiettori. Anche Susanna Camusso ieri ha salutato la condanna come «un atto forte che sancisce un diritto fondamentale e incontrovertibile per le donne: quello della libertà di scegliere della propria vita e del proprio corpo, con un’assistenza sanitaria adeguata, come prevede la legge».

Ad essere preoccupato è invece il medico Silvio Viale, presidente dei Radicali italiani, che si scaglia contro «chi non vuole rivedere i punti critici della 194» ma «ne propone la modifica per abolire l’obiezione di coscienza», «presa ora come capro espiatorio». «L’obiezione di coscienza – afferma Viale – c’è in tutto il mondo e l’Italia sarebbe il primo Paese a violare quello che è riconosciuto come un diritto umano». Ha ragione. Ma anche per l’avvocata D’Amico, la soluzione non è certo la modifica dell’articolo 9 ma la corretta applicazione di tutta la legge 194 attraverso una migliore organizzazione del lavoro negli ospedali e ricorrendo anche, semmai, alla mobilità del personale.