«La Grecia sta affrontando un’emergenza immigrazione dalle dimensioni vastissime: sulle nostre coste arrivano dai 10 ai 12 mila profughi e migranti al giorno» dice al manifesto Janis Mouzàlas, il ministro greco responsabile per le politiche dell’immigrazione.

Medico, per anni in prima linea con l’associazione Medici del Mondo, è stato nominato ministro nel governo elettorale formatosi a fine agosto e riconfermato nel nuovo esecutivo di Syriza. Ieri a Roma ha incontrato Angelino Alfano, e nelle stesse ore, vicino all’isola di Kos, due bambini sono morti nell’ennesimo naufragio. Oggi Mouzalas visiterà il centro di accoglienza dell’isola di Lampedusa.

Lei ha parlato spesso dell’importanza della collaborazione con la Turchia, per affrontare meglio il fenomeno delle ondate migratorie e il primo ministro Alexis Tsipras sarà a breve in visita ad Ankara.Pensa si possa collaborare sulla questione dei profughi e degli immigrati, nonostante i metodi usati da Erdogan?

Credo che senza la Turchia non possa esserci una soluzione, neanche un inizio. La vera via d’uscita, ovviamente, sarebbe quella di fermare le guerre, ed è una cosa che spesso dimentichiamo. Ma l’Europa deve comunque trovare il modo di arrivare a risolvere questo problema. Penso che sia pessimistico dire solo che la situazione politica in Turchia, sulla quale ciascuno ha la sua opinione, non è di aiuto. Non possiamo dimenticare il dato di fatto che, per arrivare a una soluzione, si devono riuscire a controllare i flussi da quel paese.

Cosa chiede la Grecia?

La Grecia partecipa con spirito di responsabilità alle riallocazioni, e ha già effettuato la prima, ma crede che la soluzione principale arriverà attraverso la proposta Juncker per il reinsediamento. Stiamo parlando di permettere ai profughi di insediarsi in Europa, attraverso un procedimento e scelte fatte nei paesi dove giungono prima di entrare nell’Ue: Turchia, Giordania e Libano. È necessario dal punto di vista pratico, ma è anche moralmente giusto. Queste persone, per arrivare in Europa, mettono a repentaglio la loro vita e a volte muoiono. Tutto ciò deve finire, l’Europa deve difendere quella parte della sua identità che la rende un punto di riferimento dei diritti umani e della democrazia.

Alexis Tsipras, dopo l’incontro con Martin Schulz, ha dichiarato che, mentre gli abitanti delle isole greche accolgono a braccia aperte i profughi, l’Europa chiede al governo di Atene di aumentare l’Iva per queste stesse isole.

Con l’emergenza profughi e migranti, l’Ue è davanti a un dilemma esistenziale: l’Europa dell’illuminismo e del romanticismo lotta contro quella del Medio Evo. Noi siamo, ovviamente, con la prima, siamo per i diritti umani, lo stato sociale, la Convenzione di Ginevra. Ci sono anche le forze contrarie, e parlo di nazioni ma anche di parte delle popolazioni. Dal risultato di questa lotta capiremo se l’Europa diventerà un’unione di nazioni xenofobe o un grande paese che difende i suoi valori. Quanto alle dichiarazioni di Alexis Tsipras, un’isola come Lesbo, che affronta continui arrivi di migranti e ha speso tutti i fondi a disposizione, credo sia logico che possa avere diritto a una riduzione dell’Iva. È normale, dopo spese del genere, chiedere un alleggerimento degli obblighi in materia economica. Ma non è questa la cosa determinante. La cosa principale è che l’Unione assuma su di sé il peso economico della gestione dell’emergenza profughi.

All’interno di Syriza c’è chi chiede di abbattere la barriera creata nella regione dell’Evros, al confine con la Turchia, e di creare corridoi legali per il passaggio dei migranti. Qual è la sua posizione?

La richiesta di abbattere il muro ha un carattere soprattutto simbolico. Su un totale di 122 km, ne copre solo 10. La sostanza è di aprire dei passaggi nella zona dell’Evros, e dal punto di vista teorico e logico è giusto. Quello che dico, basandomi sulla mia esperienza, è che nella fase attuale non ci sono le condizioni necessarie. Una posizione sostenuta anche dal governo greco. Sarebbe necessaria una collaborazione con la Turchia per fare in modo che si possa controllare chi arriva al confine, anche dal punto di vista numerico. Per non arrivare a scene viste in altri paesi, con violenze e condizioni estreme. L’Europa, poi, deve smettere di funzionare à la carte, con i paesi membri che decidono, quando vogliono, di costruire barriere, muri, di aprire e chiudere i propri confini. Senza queste condizioni, i profughi rischiano di rimanere intrappolati a decine di migliaia nel nostro paese, di perdere una gran parte dei loro diritti, imboccando una strada senza uscita.

Quello greco è l’esecutivo più a sinistra in tutta l’Ue. Da cosa emerge, secondo lei, questa identità, nella vostra politica sull’immigrazione?

Vogliamo che vengano rispettati i diritti dei profughi, che venga attuato il Trattato di Ginevra e che per la popolazione locale ci siano le minori conseguenze possibili. Perché, se in un’isola con 10 mila abitanti arrivano, ogni notte, 20 mila profughi e migranti, capiamo che per la comunità locale è impossibile riuscire a sostenere questo peso. Il popolo greco ha mostrato una solidarietà incredibile, non ci sono stati fenomeni di razzismo e xenofobia. È stata chiesta solo una distribuzione più equa del peso complessivo per ridurre la pressione, il che è comprensibile. Ed è quello che stiamo cercando di fare