Pubblichiamo di seguito il testo dell’appello lanciato da Barbara Spinelli, Daniela Padoan e Guido Viale che auspica un radicale cambiamento delle politiche europee sulle migrazioni e l’asilo.

Tra i primi firmatari: Alexis Tsipras; Stefano Rodotà; Luigi Manconi; Andrea Camilleri; Umberto Eco; Curzio Maltese; Maurizio Ferraris; Moni Ovadia; Erri De Luca; Gad Lerner; Marco Revelli; Eleonora Forenza; Don Luigi Ciotti; Ermanno Rea; Enrico Calamai; Adriano Prosperi; Aldo Bonomi; Roberta De Monticelli; Sandra Bonsanti; Lorenza Carlassare; Gustavo Zagrebelsky; Moreno Biagioni; Raffaella Bolini; Ginevra Bompiani; Sergio Bontempelli; Francesca Borrelli; Alessandro Bruni; Paolo Cacciari; Maria Cristina Canziani; Alessandro Capitanio; Paolo Cento; Sergio Cofferati; Francesca Costantini; Pier Virgilio Dastoli; Pape Diaw; Giuseppe De Marzo; Giuseppe Faso; Paolo Ferrero; Costanza Firrao; Mauro Gallegati; Shady Hamadi; Antonio Ingroia; Maria Immacolata Macioti; Ivano Marescotti; Roberto Musacchio; Gabriele Nissim; Maria Pace Ottieri; Gianluca Paciucci; Argyrios Panagopoulos; Stelios Pappas; Nicoletta Parisi; Valeria Parrella; Simona Peverelli; Enrico Pugliese; Annamaria Rivera; Fabio Vacchi.

Per adesioni: corridoio.umanitario@gmail.com

Garantire il diritto di fuga

Per la prima volta dalla fine della Seconda guerra mondiale, il numero di profughi, richiedenti asilo e sfollati interni in tutto il mondo ha superato i 50 milioni di persone. Sulle coste meridionali del nostro continente giungono persone – uomini, donne, bambini – che si lasciano alle spalle paesi in fiamme, dittature, genocidi, carestie, catastrofi climatiche e ambientali, guerre divenute inani e senza fine contro il terrorismo, di cui molto spesso le politiche occidentali – connesse a un modello economico e biopolitico di spartizione – sono direttamente o indirettamente responsabili. I rifugiati sono oggi il prodotto su scala industriale di quella grande guerra, immateriale e non dichiarata, che è la guerra contro i poveri, dove un confine netto separa chi ha diritto di muoversi da chi quel diritto si vede negato. Ma una guerra planetaria, che distingue tra soggetti di diritto e corpi marginali in balia di eventi decisi altrove, non può rendere l’Europa un filo spinato. L’Europa che vogliamo deve essere un luogo di accoglienza, di rispetto, di dignità.

Fermare i respingimenti

Il numero dei migranti forzati è aumentato, nel 2013, di ben sei milioni.Uomini, donne e bambini che giungono alle nostre coste – e a Sangatte, Ceuta, Melilla – in cerca non solo della nuda vita, ma di libertà e di giustizia: di quell’inclusione nel concetto di umanità senza il quale ogni discorso sui diritti perde significato, rimanendo appannaggio di un ceto di privilegiati. Trovano invece spesso respingimento, inferiorizzazione giuridica, economica e sociale, privazione della libertà. Molti di loro trovano la morte durante il viaggio, così che il Mar Mediterraneo si è trasformato in un cimitero dove si compie il naufragio di quello stesso pensiero di eguaglianza e solidarietà che fonda le nostre democrazie. (…). L’Unione Europea che, incapace di disegnare una vera politica comune, la affida alle proprie agenzie, come Frontex o Europol, ha di fatto abdicato alla missione che si è data con il Trattato di Lisbona e con la Carta dei diritti. Non è questa l’Europa che vogliamo, né è Frontex che i cittadini europei hanno votato lo scorso maggio. Noi, cittadini europei, diciamo che l’Europa che ha creduto di potersi barricare in una fortezza, ha fallito.

Corridoi umanitari

Nel frattempo si tratta di prevedere d’urgenza l’apertura di percorsi autorizzati e sicuri per chi lascia il territorio di nascita, di cittadinanza o di residenza – in fuga da guerre, persecuzioni, catastrofi ambientali, climatiche o economiche. (…). Occorre approntare canali di ingresso legale dove un sistema di traghetti e voli charter sostituisca le carrette del mare, e istituire postazioni dell’Onu e dell’Unione Europea nei principali porti di partenza e nei campi di transito, dove identificare, tutelare e dotare i profughi di visti provvisori. Occorre dotare l’European Asylum Support Office (EASO) di poteri di coordinamento delle attività degli Stati membri, alla stregua di quanto fatto con Frontex in materia di controllo delle frontiere; occorre smistare gli arrivi fra i vari porti e aeroporti attrezzati per l’accoglienza, così da governare razionalmente la distribuzione sul territorio europeo dei singoli e delle famiglie; occorre far cessare l’insostenibile pressione patita dagli abitanti degli attuali luoghi d’arrivo degli scafisti, primo tra tutti Lampedusa, che spesso si trovano, con grande generosità, a supplire l’abissale assenza dello Stato e dell’Unione Europea. Più in generale, l’Italia e tutti i popoli del Sud Europa non possono più essere lasciati soli nel gravoso compito dei soccorsi in mare, che ci riguarda tutti, come cittadini d’Europa.

Libertà di movimento

Urge rendere permeabili i confini interni dell’Unione Europea, abrogando le norme nazionali e le prassi amministrative che nello spazio Schengen limitano la libertà di movimento delle persone, così come la libertà di scegliere dove vivere e la libertà di riannodare i propri affetti. Chiunque si trovi nello spazio europeo, indipendentemente dalla sua cittadinanza, deve poter godere del pieno esercizio di pari diritti, così come chiede la Carta di Lampedusa, cui facciamo riferimento. Per questo chiediamo la chiusura di tutti i centri di detenzione, comunque si chiamino, che configurano una forma di detenzione extra ordinem. Urge il riconoscimento di una cittadinanza europea basata sullo ius soli. Benché questo dipenda dalla competenza dei singoli Stati, adeguati studi e raccomandazioni delle istituzioni europee potrebbero favorire il conseguimento di tale obiettivo.