«Non vogliamo e non possiamo dimenticare la sua passione e la sua vita, orribilmente spezzata». A rispondere al Cairo del presidente-golpista al-Sisi è il presidente della Repubblica Mattarella, nel silenzio delle istituzioni italiane. A due giorni dal discorso in parlamento con cui l’ex generale ha nella pratica chiuso il caso Regeni facendo da scudo ai suoi servizi di sicurezza, Mattarella parla ad Assisi all’apertura del meeting nazionale delle Scuole per la Pace, quest’anno dedicato a Giulio.

«Fare memoria è un atto di pace», ha aggiunto. Prima della pace, però, viene l’impellente necessità di giustizia, la sola in grado di aprire ad una seria critica internazionale di un regime osannato come stabilizzatore dell’Egitto e partner perfetto per un’Europa alla caccia di operazioni in Libia e risorse energetiche.

E se il governo Renzi non reagisce al guanto di sfida di al-Sisi e l’opinione pubblica resta in attesa delle annunciate misure promesse dalla Farnesina, c’è chi fa bassa propaganda anti-referendaria sulla morte di Giulio: il deputato Pd Giampaolo Galli invita all’astensione al referendum sull trivelle in nome di Regeni, dei marò e delle riserve di gas italiane.

Alla fine per trovare una voce che strigli davvero l’Europa si deve andare oltre oceano: in un aspro editoriale il New York Times attacca l’Egitto ma soprattutto quella fetta di comunità internazionale che continua ad avere rapporti diplomatici ed economici con il regime militare. Ovvero l’Occidente, l’Europa che – scrive il quotidiano statunitense – non sostiene la battaglia per la verità dell’Italia.

«Gli abusi dei diritti umani in Egitto sotto la presidenza al-Sisi hanno raggiunto nuovi apici e nonostante ciò i governi occidentali che commerciano e armano l’Egitto continuano a fare affari come niente fosse, tirando in ballo sicurezza regionale e interessi economici». Un’accusa dura che il Nyt riserva in particolare a Francia, Gran Bretagna e Stati Uniti colpevoli di aver abbandonato Roma.

A poco servono le condanne di facciata, come quella di Londra che si limita – a due mesi dal ritrovamento del corpo di Giulio massacrato dalle torture – a far presente di aver espresso preoccupazione alle autorità cariote. O quella dello stesso parlamento europeo che dopo una risoluzione di condanna ha ospitato questa settimana 13 parlamentari egiziani, lasciando spazio alle difese a oltranza dei vertici del governo e dei servizi di sicurezza. Ospiterà però anche la famiglia Regeni: ieri la commissione Diritti Umani ha annunciato di voler ascoltare in audizione i genitori di Giulio.

«Come Usa, Francia e Gran Bretagna l’Italia ha contato sull’Egitto per fermare l’avanzata dell’Isis. Ed è uno dei principali partner commerciali. Ma lo sdegno pubblico per la morte di Regeni ha costretto il governo Renzi a muoversi – scrive il quotidiano – C’è stato un vergognoso silenzio da parte della Francia il cui presidente andrà al Cairo a fimare un accordo militare da un miliardo di dollari. L’accordo stroncherà la risoluzione adottata dal parlamento europea che chiede ‘un divieto di esportazioni di aiuti militari al Cairo’».

L’Europa non sostiene la legittima richiesta di giustizia e verità perché l’eventuale rottura di Roma aprirerebbe praterie a quei paesi interessati a rafforzare il business commerciale, energetico e militare con gli egiziani. Una possibilità che spaventa il governo italiano, forse restio ad assumere quelle «misure necessarie e proporzionate» contro l’Egitto per il timore di ritrovarsi spogliato del suo ruolo di primo partner del paese nordafricano.

La prima a tuffarsi nel mare di opportunità egiziane è la Francia: ieri la delegazione del governo francese, formata da sette funzionari dell’ufficio di presidenza e del Ministero degli Esteri e accompagnata da 60 uomini di affari alla caccia di succulenti business, è arrivata al Cairo. Domani atterrerà il presidente Hollande per firmare 30 accordi commerciali nei settori di energia, turismo, preservazione dei beni culturali, trasporti, trattamento dei rifiuti.

Secondo quanto riportato dal Ministero degli Interni Hollande e al-Sisi discuteranno «di lotta al terrorismo». Di certo al centro del meeting ci sarà la Libia, preda ambita da entrambi: dalla Francia che spinge per l’intervento militare per entrare nel business energetico da cui in passato è stata esclusa; e dal Cairo che, muovendo i fili del parlamento di Tobruk e del capo dell’esercito, il generale Haftar, punta ad ampliare la propria influenza sul vicino.