Forme quasi vegetali che incessantemente cambiando si intrecciano con la musica, geometrie pulsanti, cubi, parallelepipedi cangianti di colori e ancora strani esseri quasi unicellulari che si disfano e ricompongono, e su tutto questo un continuo ma allo stesso tempo segmentato flusso di colori. Tutto questo e molto di più è ciò che è scaturito dalla creatività dell’artista giapponese Mirai Mizue in questi ultimi tredici anni, i suoi primi lavori d’animazione astratta, perchè è questa la definizione che forse più di tutte gli si adatta, risalgono all’inizio del millennio con picchi di esposizione internazionale ricevuti nel 2011, quando fu invitato da Marco Muller alla Biennale con il suo corto Modern n2 nella sezione Orizzonti dove fu aprezzato anche da Darren Aronofsky. Sarà proprio questo lavoro che gli permetterà di fare il giro del globo ed essere invitato in varie manifestazioni dove riceverà altri riconoscimenti, fatto molto importante per un artista di nicchia e le cui animazioni sperimentali, anche nel suo Giappone, sono comunque considerate opere liminari e di confine. L’arte di Mizue si inserisce alla perfezione cioè in quello spazio, già presente nei decenni passati naturalmente ma ora in piena fioritura, esistente fra cinema, arte visiva e video istallazione che nella nostra epoca post-cinematica è e sarà sempre di più centrale per le dinamiche verso le quali le culture visive si stanno orientando.

L’ultimissimo lavoro di Mizue, Wonder, è stato presentato all’edizione di quest’anno del Festival Intenazionale di Berlino nella sezione dei corti. Si tratta di un’opera di circa otto minuti che ha una storia realizzativa molto peculiare che ci fa ben comprendere la filosofia che sta dietro all’atto creativo dell’ancora giovane artista giapponese che ricordiamo è nato nel 1981. A cominciare dal primo aprile del 2012, ogni giorno e continuativamente per 365 giorni Mizue ha realizzato un secondo di quello che poi sarebbe diventato il lavoro compiuto, disegnando a mano 24 disegni, 24 fotogrammi al secondo quindi. Il tutto senza una storia od una struttura preesistente sui cui fare riferimento, niente storyboard o sceneggiuatura quindi, ogni giorno Mizue trovava ispirazione dai disegni realizzati il giorno preceente e cercava di dare loro continuità oppure di distaccarsene, influenzato quindi anche dagli eventi che di giorno in giorno succedevano, dalla casualità, dall’umore dai piccoli intoppi. Una maratona creativa che ha anche un’ altra peculiarità, quella di essere stata parzialmente sostenuta economicamente da un’operazione di crowdfunding su Kickstarter, principalmente per coprirne le spese di post produzione e quelle per la bella e fondamentale musica realizzata da Pascals. Essendo un corto di animazione sperimentale astratta la musica è naturalmente uno degli elementi più importanti per la riuscita dell’opera, anche nei suoi lavori precedenti, elemento sonoro e visivo finivano, nei casi più riusciti a sposarsi ed intrecciarsi in una danza reciproca dove l’uno trovava il proprio coronamento nell’altro. É successo con il già citato Modern n2, ma anche con l’abbacinante FANTASTIC CELL del 2003 ed accade magnificamente anche in questo Wonder, i Pascals sono un gruppo acustico compost da 14 musicisti che suonano sia strumenti “veri” come ad esempio violino, piano od ukulele ma anche strumenti giocattolo, finendo per creare una musica allo stesso tempo seria e giocosa, alta e bassa, drammatica e leggera, tutte qualità che si addicono perfettamente alle animazioni multiformi ed in flusso continuo create da Mizue. Il corto ha un impatto visivo e sonoro notevole, specialmente se visto in sala o in high resolution, la vivacità dei colori ed il concetto di fluidità delle forme che continuamente cangianti ed immerse nel flusso della musica che le completa, rappresentano le forze di metamorfosi e quelle creative che costituiscono la vita ed il suo senso del meraviglioso, di “wonder” appunto. Come in alcuni suoi lavori precedenti anche in questa breve animazione Mizue si rifà molto al regno vegetale e quello animale più basso, inteso qui per complessità non certo per rango, degli insetti e dei microorganismi che in una sorta di danza astratta, policromatica e pulsante continua, sembrano farsi e disfarsi senza sosta nel continuum della vita e della celluloide del corto. Un’euforia che ha la capacità di proiettare lo spettatore al di là del cinema e, come si diceva più sopra, verso quelle potenzialità dello spazio post-cinematico e extra cinematico formato da tutta quella massa di culture visive che esulando dall’idea del cinema come narrazione stanno in questo momento storico esplodendo e che idealmente si ricongiungono con gli actuality film dell’alba del cinematografo.

Ritornando a Mizue, a Tokyo dal prossimo 22 febbraio, proprio per celebrarne la seppur breve carriera, sarà proiettato Wonder Full, retrospettiva/raccolta di 14 dei suoi corti più rappresentativi dal quasi cubismo di Modern n1 e n2, alle forme zoomorfe di FANTASTIC CELL, passando per la stop motion, le esplosioni di macchie di colore, fino ad arrivare fino all’ultimo Wonder.