L’assemblea per il lancio del soggetto unitario, annunciata all’indomani del voto del 4 marzo, è rimandata a data da destinarsi. In ogni caso non prima del 19 maggio: perché, viene spiegato, «dobbiamo aspettare che si chiarisca il quadro politico. E che Possibile concluda il suo congresso, i primi di maggio». Fin qui niente di strano: anche il Pd rimanda la sua assemblea a dopo la nascita del nuovo governo. Se non fosse che viene aggiunto: «Ma facciamo un’assemblea per dire cosa?».

LO STALLO POLITICO post-voto è provvidenziale per gli sconfitti: per il Pd ma anche per la lista a sinistra del Pd in crisi nera dopo la delusione elettorale. Nelle scorse settimane alcune assemblee locali sono state rinviate. Così quella nazionale: meglio aspettare prima di lanciarsi nella formalizzazione del un nuovo partito.

LO HA DECISO mercoledì scorso una riunione del ’tavolo politico’, chiusa in teoria ma in pratica allargata ai (18) parlamentari. e alla quale alla fine hanno partecipato tutti i protagonisti della sfortunata campagna elettorale. All’ordine del giorno l’analisi del voto, svolta in poche parole dal senatore Piero Grasso, ormai in versione «padre nobile». Ma soprattutto le prossime mosse di Leu. Le regionali, le amministrative, il «processo costituente», il tesseramento per il nuovo soggetto, dato per imminente dall’area bersaniana e guardato con fastidio da Sinistra italiana. Per non parlare della scelta del posizionamento politico In Italia, ma anche in Europa: nel 2019 si vota per Bruxelles, Si chiede agli europarlamentari Mdp di mollare il gruppo socialista: fin qui nessuna risposta, il che non promette niente di buono. E, last but not least, c’è la delicata scelta del futuro leader: se non potrà essere nuovo di zecca, dovrà almeno essere pescato fra i profili meno usurati dalla sconfitta.

TUTTI NODI da sciogliere o tagliare, tutti cruciali per il nuovo soggetto unitario. Ma senza fretta: «Non possiamo intraprendere un processo costituente serio senza sapere se fra quattro mesi si torna al voto», spiega un deputato Mdp.

INTANTO PERÒ le questioni i irrisolti rischiano di ingarbugliarsi di più. Prendiamo le amministrative: alle prossime regionali del 29 aprile in Friuli Leu non presenterà le sue insegne. Mdp, in forma civica e senza simbolo, sosterrà il candidato renziano light Sergio Bolzonello. Detestato da Sinistra italiana e Possibile che daranno ai propri libertà di voto.

NON DIVERSO LO SCHEMA di gioco delle amministrative del 10 giugno: ottocento comuni al voto, 21 capoluoghi di provincia. Fra questi Pisa, Siena e Massa: tre città ancora amministrate dal centrosinistra che, in assenza di alleanza, rischiano di cadere in mano grillina, come predica da mesi, inascoltato, il presidente regionale Rossi. Leu sarà presente «a macchia di leopardo», «rispettando gli accordi precedenti delle singole forze su ciascun territorio».

MA IL CORE BUSINESS del ragionamento sulla nascente forza sta nella sua futura collocazione politica. Ora che è finita – per ora – la campagna elettorale, gli ex Pd non fanno mistero di guardare al processo di «derenzizzazione» del loro ex partito. Qualsiasi nuovo segretario Pd riaprirà «il cantiere del centrosinistra», qualsiasi cosa significhi. Loro puntano sul «federatore» Nicola Zingaretti: anche se lo sbando è tale che mentre i big Mdp si legano a doppio filo con il presidente del Lazio, la locale Leu rompe con lui e non entra in giunta.

NEL FRATTEMPO Roberto Speranza pronuncia inediti riconoscimenti a Orlando e Franceschini. «Lavorano per evitare l’abbraccio tra lepenisti e grillini e a un Pd che non si chiude a riccio». In Mpd, così come nel Pd antirenziano, si tifa per il fallimento del governo giallo-verde e per un esecutivo a guida civica con dentro M5S, Pd e Leu.

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SINISTRA ITALIANA guarda con sospetto il ritorno di fiamma fra ex compagni di partito e frena sull’idea di scioglimento della sua organizzazione. Non che abbia un piano B rispetto all’unità con Mdp: «Ma abbiamo bisogno di una discussione profonda e a tutti i livelli, sarebbe insensato infilarsi in una strettoia organizzativa», spiega Nicola Fratoianni.

NON C’È FRETTA. Almeno finché non sarà chiaro quanto durerà la legislatura. Ma un dirigente Mdp avverte: «In politica i tempi sono tutto, potrebbe essere il nostro ultimo treno: non gireremo a vuoto come abbiamo fatto aspettando Giuliano Pisapia. Quando si partirà, non potremo usare il passo del più lento».