Il manifesto «reloaded». Quando abbiamo scelto questo slogan per la prima campagna d’autunno (non temete, ne arriveranno altre…) pensavamo che il giornale avesse bisogno innanzitutto di una «ricarica» digitale.
I primi risultati sono incoraggianti: 428 sostenitori, 11.273 euro raccolti sul sito campagne.ilmanifesto.mobi più un flusso costante di bonifici piccoli e grandi sul conto sottoscrizione presso Banca Etica. In dieci giorni la «ricarica» del manifesto digitale ha superato il 28%. Bene. Ma dobbiamo fare di più e meglio. Sul sito della campagna ci avete scritto a decine, incoraggiandoci ad andare avanti o chiedendoci di precisare meglio quello che vogliamo fare. I commenti sono lì, e parlano da soli. In pochi giorni abbiamo raccolto centinaia di pre-abbonamenti al «nuovo» manifesto. Continuate a scrivere e a sottoscrivere, leggiamo tutto e di tutto teniamo conto.

Anche perché non partiamo da zero: già oggi il manifesto su Internet è una piccola-grande realtà. A luglio (dati Ads), siamo stati il 15mo quotidiano per numero di abbonamenti digitali. E se contassimo anche le vendite iPad (escluse dal calcolo Ads per le astruse norme decise dagli editori italiani) saremmo a ridosso dei primi dieci. Da settembre, infatti, sull’edicola di Apple siamo stabilmente tra il decimo e il 15mo posto, subito dopo «giganti» come Repubblica, New York Times e La Stampa.

Il giornale è da tempo disponibile su tutti i tablet. Su iPad con l’edizione iTunes e in formato epub e mobi per tutti i dispositivi non Apple. Da tempo sul sito ci trovate in formato pdf e html, mentre per i telefonini c’è la versione mobile. Anche sui social network, che abbiamo cominciato a utilizzare davvero soltanto l’anno scorso, abbiamo oltre centomila «fan»: 67.594 su facebook e 41.346 su twitter (più altre migliaia su Pinterest, tumblr e Instagram). Segno che le persone interessate a condividere il nostro modo di vedere le cose sono molte di più di quelle disposte a conoscerci anche in edicola. Forse, contrariamente alla sua veneranda età (42 anni di attività si sentono tutti), il manifesto resta un giornale «giovane», dove approdare ex novo in un mondo pieno di incertezze.

Non a caso i nostri «fan» su facebook sono almeno il quintuplo di quelli in edicola. Infatti il rapporto tra «like» sulla pagina e copie diffuse (per quello che vale, ma è uno dei parametri di riferimento) è tra il 5 e il 6, un rapporto robusto. Su questo terreno il manifesto sarebbe tra i primi quotidiani non solo in Italia ma anche in Europa. Dopo il Fatto e a ridosso dell’Unità, stando a una ricerca della società «Innova et Bella» del luglio scorso che come tante altre ci ha ignorato. Numeri interessanti non solo per la quantità ma soprattutto per la qualità. Su Internet il manifesto ha una «reputazione» altissima. Secondo la società klout.com, che fa una sorta di «auditel di qualità web», il nostro indice è 85. Più dell’Ansa (klout 66) o del Fatto (klout 83), che pure rappresenta una delle realtà digitali più seguite.

Il nostro lavoro però è appena agli inizi. Ora dobbiamo mettere le tante cose che facciamo in relazione tra loro, integrandole e sviluppandole meglio. Il «manifesto reloaded» è un progetto editoriale, industriale e politico che trasformerà tutti i settori del giornale. Ci sono passi che non vedrete (per esempio il sistema editoriale o la nuova gestione degli abbonamenti) ma sono fondamentali per realizzare quello che serve.
Altri, i più belli, vogliamo che li vediate eccome. Tutti. Vogliamo portarvi il manifesto a casa e in digitale al prezzo più basso possibile. In modo sostenibile per il vostro portafoglio e per le nostre casse, entrambi esausti da cinque anni di crisi senza fine. Gli abbonamenti costeranno tra i 60 e i 90 centesimi al giorno. Tutto il manifesto che vuoi, dove vuoi, quando vuoi, al prezzo di un caffè. Se vi abbonate anche per brevi periodi saremo in grado di offrirvi di più, a meno. Per farlo mancano ancora meno di 30.000 euro.

Non siete abituati, forse, a sentirci parlare di costi e ricavi, di conti e cifre. Quest’anno forse vi abbiamo parlato poco di «politica», del «perché» fare questo giornale. Ma «perché» facciamo il manifesto in fondo lo sperimentate ogni giorno leggendoci, criticandoci, spronandoci.

In ogni caso crediamo che il «perché» non possa più prescindere dal «cosa» siamo. E, in parte, siamo anche una merce. Di recente vi abbiamo descritto come sono andati i primi sei mesi del 2013: 95% dei ricavi da vendite e abbonamenti, 4% pubblicità, 1% sottoscrizioni, niente finanziamento pubblico fino al 2014, conti relativamente in ordine ma qualche dubbio sulla chiusura di fine anno dovuta al calo di copie e pubblicità. Di fronte a noi ci sono ancora numerosi ostacoli (a cominciare dal riacquisto della testata) e qualche contenzioso, eredità pesanti della passata gestione commissariale.

La liquidazione non è stata un pranzo di gala. La possibilità che il manifesto chiuda per sempre è reale, non è alle spalle ma di fronte a noi. Come collettivo abbiamo lottato oltre le nostre forze per essere ancora con voi. Come ha detto qualche saggio qui in redazione, i lettori non devono essere le scialuppe di salvataggio da sciogliere prima del naufragio ma le vele su cui navigare. E allora, per citare Hikmet, siamo sicuri che questa piccola nave corsara non ha ancora solcato il suo mare più bello. Salite a bordo (e comprateci e sottoscrivete).