Carissimo Papa Francesco,

le scriviamo per metterla direttamente al corrente di una vicenda di cui è probabile che i suoi uffici diplomatici siano già a conoscenza.

Da molti mesi ormai un mandato di estradizione emesso dal Governo brasiliano ha portato nel carcere della nostra città (il Sant’Anna di Modena) un cittadino italo-brasiliano, Henrique Pizzolato, condannato in Brasile nell’ambito dello scandalo di corruzione politico-finanziaria noto all’opinione pubblica con il nome di “Mensalão”. Detto in estrema sintesi, una quarantina tra politici, alti dirigenti pubblici e privati sono stati accusati di aver deviato denaro dello Stato per finanziare e corrompere politici che avrebbero dovuto garantire, in cambio di notevoli cifre di denaro, sostegno al governo Lula e al Partito dei lavoratori (PT).

Henrique Pizzolato non era un politico, ma da politico è stato trattato. Era un bancario e sindacalista del Banco do Brasil, ma è stato processato e condannato, sotto la pressione violentissima di alcuni grandi organi di stampa, secondo le modalità con cui vengono processati presidenti, ministri e parlamentari: direttamente dalla Corte Suprema brasiliana.

Pizzolato, che si è sempre dichiarato estraneo ai fatti, è fuggito in Italia in ragione della sua cittadinanza italiana e per chiedere all’Italia quella giustizia che il Brasile gli ha negato.

Arrestato su mandato internazionale e rinchiuso al Sant’Anna di Modena, è tramite un’associazione che opera in carcere (“Carcere e città”) che Andrea Haas, moglie di Pizzolato, ha iniziato a frequentare la nostra comunità (la Comunità cristiana di base del Villaggio artigiano).

Ora non è tanto in nome dell’innocenza di Pizzolato che chiediamo che la sua voce si unisca alla nostra, con i mezzi che riterrà più opportuni, per chiedere l’annullamento della richiesta di estradizione, bensì in ragione di alcune evidenti e inquietanti violazioni del diritto interno (del Brasile come dell’Italia) e di quello internazionale (degli accordi di estradizione e dell’asilo):

  • Henrique Pizzolato non ha avuto la possibilità, garantita dalla costituzione del Brasile, di avere un secondo grado di giudizio; è stato giudicato e condannato, in un clima di violento giustizialismo mediatico, da un solo tribunale;
  • la Corte d’appello del tribunale di Bologna – poi smentita con una sentenza di segno opposto dalla Corte di Cassazione – ha negato l’estradizione in ragione dei rischi di violenza e tortura cui Pizzolato sarebbe andato incontro se fosse stato consegnato alle carceri brasiliane;
  • proprio in questi mesi lo Stato italiano ha ratificato un accordo bilaterale con il Brasile (Legge n.17 del 10 febbraio 2015) in base al quale i detenuti italiani in Brasile possono venire a scontare la pena in Italia anche in ragione delle terribili condizioni carcerarie brasiliane. Incredibilmente, lo stesso Stato italiano sta per concedere l’estradizione in Brasile di un suo cittadino (ribadiamo che Pizzolato possiede anche la cittadinanza italiana) per ragioni che risultano francamente estranee alla cultura del diritto e dell’asilo.

Andrea, la moglie di Pizzolato, donna sola, provata, ma lucida e fortissima, sta portando avanti da mesi una campagna informativa che faccia circolare informazioni corrette e attendibili sulla vicenda del marito, che controbilanci la disinformazione scandalistica di gran parte dei media brasiliani e italiani, che crei un movimento di opinione a sostegno della permanenza del marito sul territorio italiano e che convinca il Governo italiano, per le ragioni che le abbiamo sintetizzato, a negare l’estradizione richiesta dal Brasile.

La riservatezza e la tenacia di Andrea ci hanno permesso di capire in questi mesi come in ballo non ci sia solo una questione di giustizia privata. L’incontro con Henrique e con Andrea ha rinforzato una nostra convinzione, di cui però eravamo coscienti solo su un piano di astrazione intellettuale: ovvero di come, anche in periodi di pace, la vita di tutti possa finire artigliata da superiori “ragion di stato”, cioè da quella commistione perversa di interessi economici e politici delle burocrazie di governo, nonché dalle aspirazioni di carriera che muovono alcuni uomini e donne di potere. Una commistione che genera quella “bestia sociale” (per dirla con Platone) o quel “Principe di questo mondo” (per dirla con il Vangelo) contro cui i singoli individui non hanno possibilità di difendersi.

È questa inquietudine che ci ha convinto a sostenere la durissima e solitaria battaglia di Andrea. Ed è questa stessa inquietudine che ci ha spinto a chiedere il suo sostegno concreto insieme alla sua preghiera.