È circa un anno, da quel 5 marzo 2020 in cui il governo stabilì la chiusura di tutti gli istituti, che la scuola sta vivendo una fase di enorme difficoltà. Difficoltà che fanno il paio con quelle del Paese, stretto nella morsa della crisi sanitaria e di quella economica.

Ma la pandemia non è la sola causa del disastro in cui ci troviamo. L’emergenza sanitaria ha fatto da detonatore ad una carica esplosiva pronta da tempo e anzi ha mostrato, anche a chi non voleva vederlo, quanto la scuola pubblica (così come la sanità), sia stata danneggiata, impoverita e precarizzata dalle politiche di tagli e riforme macellaie, dai processi di aziendalizzazione e privatizzazione degli ultimi trent’anni.

Ed eccoci oggi con una scuola in frantumi che non è stata messa nelle condizioni rispondere ai bisogni della collettività e di reggere l’emergenza sanitaria e che, per prima, ha assunto il ruolo della vittima sacrificale.

Ma davanti a questo desolante quadro non possiamo far sì che gli errori (o le volontà) si ripetano. Dobbiamo PRETENDERE una scuola in presenza e in sicurezza, la diminuzione del numero di alunni e alunne per classe, l’aumento dell’organico e delle assunzioni, ed ESIGERE investimenti adeguati per una scuola pubblica che risponda ai bisogni di tutti e tutte, la fine del precariato e l’abolizione del sistema delle esternalizzazioni private. Quindi, la nostra battaglia non può prescindere dalle condizioni lavorative di chi la scuola l’attraversa e la rende possibile ogni giorno: insegnanti e personale non docente, negli anni oggetto di una complessiva riduzione numerica e di progressiva precarizzazione.

Per questo abbiamo deciso di inserire tra le nostre parole d’ordine il termine CONFLITTO, inteso come azione di rottura verso le politiche dei tagli e del risparmio che si perpetuano ai danni della funzione che LA SCUOLA deve avere in un territorio: di reale inclusione, accessibile a tutti e tutte a prescindere da ogni condizione individuale, che insegni un sapere critico, abitui alle relazioni ed al confronto.

Il conflitto va aperto verso tutti gli organi competenti e su tutti i livelli, perché le responsabilità non stanno sempre altrove, ma inchiodano tutti: MIUR, Regione, Uffici Scolastici Regionali e provinciali, scuole e dirigenze scolastiche.

Non possiamo cavarcela con l’eterno scaricabarile: le decisioni sulla scuola sono dettate da scelte politiche ed agite su tutti i livelli, dalle scuole ai Ministeri e chiunque si trovi in questa linea è chiamato in causa.

Il nostro interlocutore in questa tappa è l’Ufficio Scolastico Regionale – Ambito Territoriale di Roma, come in passato lo sono stati scuole, municipi e ministeri.

L’URS attraverso l’ambito territoriale svolge, tra le altre cose, un’importante funzione, apparentemente solo burocratica, di redistribuzione delle risorse alle scuole in termini soprattutto di organico. E’ infatti all’USR che le dirigenze scolastiche inviano tramite apposite tabelle, in questo periodo, la richiesta della formazione delle classi. Ed è dall’USR che arrivano indicazioni puntuali, tramite circolari, di come affrontare situazioni di carenza di insegnanti e di risorse.

A questo proposito ci preme sottolineare un punto particolarmente significativo (e grave), che evidenzia la funzione anche decisionale e politica di questa struttura: la circolare emessa, in zona rossa, durante il periodo di chiusura delle scuole primarie e secondarie in cui l’USR incoraggiava i docenti curriculari a svolgere la didattica presso il proprio domicilio, disattendendo in questo modo la nota ministeriale 662/marzo 2021, che consentiva a alunni con bisogni educativi speciali l’attività in presenza insieme ad un piccolo gruppo della classe. A seguito della circolare dell’USR, al contrario, si sono create vere e proprie classi speciali in molte scuole, dove i ragazzi con disabilità si sono trovati da soli insieme ai propri insegnanti di sostegno e agli AEC.

L’USR è anche l’organo preposto alla ri-organizzazione degli istituti scolastici attraverso il “piano di dimensionamento (e il Piano triennale di edilizia scolastica per la manutenzione ordinaria e straordinaria) delle scuole, che negli anni ci ha portato la creazione degli istituti comprensivi, un accorpamento di scuole con numeri di classi, alunni e alunne e personale che assomigliano più a casermoni e grandi aziende dove la relazione, anche tra coloro che vi lavora, è la prima a soccombere.
Ma l’USR ha anche una funzione di monitoraggio di cosa succede nelle scuole di propria competenza e, invece prestarsi ad una politica del risparmio, dovrebbe elevare, almeno quest’anno, un urlo di dolore – per quello che è successo e sta succedendo nelle scuole – tale da sentirsi da ogni scuola al Ministero.

Invece, in questi mesi di pandemia sono state non poche le circolari dell’USR il cui senso era, in soldoni, risparmiate, risparmiate e risparmiate.

Ed ecco il gioco delle tre carte: tolgo dal potenziamento e metto qua, metto un banco a rotelle qui e tolgo là, accorpo le due classi qua e risparmio lì!

Non possiamo accettare che ogni organo sia un mero esecutore e vogliamo oggi, attraverso questa lettera, risposte su tante e tante decisioni che sono partite anche da questi uffici e dalle loro dirigenze.

Ma non solo, questa lettera è indirizzata alle lavoratrici e lavoratori tutti, affinché – anche loro – si rendano parte attiva in questo processo di ricostruzione della scuola pubblica, non limitandosi ad essere meri esecutori di politiche perpetrate ma che pongano riflessioni sullo scempio patito dalla scuola pubblica negli ultimi trent’anni.

Oggi noi portiamo delle istanze, punti importanti che poniamo all’attenzione di tutti e tutti e che riguardano prassi invalse nella scuola e che a partire dall’USR devono essere contrastati.

– Diminuzione degli alunni e alunne per classe e aumento dell’organico: BASTA CLASSI POLLAIO!
– Nel prossimo anno scolastico le classi saranno mediamente formate da 25, 27 e anche 30 o più alunne e alunni e questo significa la negazione di una didattica pienamente inclusiva, perché inevitabilmente gli ultimi resteranno ancora più indietro. Un errore questo già commesso e già visto. E con questi numeri, tra l’altro, sarà impossibile ricominciare con una didattica in presenza al 100% per tutte e tutti. E alle prime avvisaglie di ripresa dei contagi, anche blanda, la soluzione sarà di nuovo quella di richiudere.
– Ma il tempo non è ancora esaurito: la determinazione degli organici e la determinano il numero di alunne e alunni per classe – è ancora provvisoria e può essere modificata.

CHIEDIAMO l’ampliamento degli organici e la diminuzione degli alunni e alunne per classe, una didattica migliore e fondata sulla relazione e sull’attenzione ad una vera inclusione. Un corretto utilizzo degli insegnanti di sostegno e di potenziamento, del personale Covid e del personale educativo.Nella carenza cronica di personale delle scuole è ormai soluzione invalsa quella di utilizzare la figura dell’insegnante di sostegno, costretto a lasciare il proprio o la propria alunna, come tappabuchi per evitare di assegnare supplenze a pagamento (sia interne che esterne all’organico scolastico). Varie circolari scolastiche a nome dell’USR inoltre, nel corso dell’anno, hanno dato indicazione di come utilizzare le cattedre di potenziamento (che di fatto sono state eliminate) per coprire buchi nell’organico. Anche i c.d. (rari) insegnanti Covid, assunti per agevolare lo sdoppiamento delle classi, è di continuo impegnato in supplenze tappabuchi lasciando la classe assegnata.

CHIEDIAMO che si metta fine a queste pratiche volte al risparmio e che si assuma maggiore organico.Maggiore attenzione e rispetto del principio di inclusione.La politica del “tappabuchi” descritta sopra e quello che è accaduto, durante il periodo di chiusura in zona rossa delle scuole primarie e secondarie, dimostra quanto l’inclusione sia relegata ai margini del sistema scuola. L’importante figura degli Aec (assistente educativo culturale), già pesantemente vessata da un meccanismo di esternalizzazione e che in questa fase sta ulteriormente riducendo il salario degli operatori e delle operatici, insieme agli alunni e alunne con disabilità che seguono, condividono un destino comune: essere degli invisibili e durante la pandemia destinati all’emarginazione.

CHIEDIAMO maggiore rispetto nei confronti dei ragazzi con disabilità e della categoria degli AEC e che l’inclusione non diventi esclusione e dimenticanza.

Siamo contro dDerive autoritarie dei dirigenti e indebolimento degli organi collegiali. Molti dirigenti scolastici– in spregio a qualsiasi legittimità democratica – instaurano sempre più spesso un clima autoritario depotenziando gli organi collegiali, relegando genitori e studenti alla categoria di utenti/clienti, attaccando la libertà di insegnamento, sanzionando lavoratrici e lavoratori precari e esternalizzati se si organizzano sul piano sindacale per esercitare i propri diritti.

Non possiamo dimenticare, a tal proposito, quanto è accaduto il 3 dicembre alla scuola primaria Centroni. Tre lavoratrici della cooperativa sociale Roma 81, di ritorno da un’assemblea sindacale davanti al VII municipio nella quale protestavano contro il mancato pagamento della malattia da parte della cooperativa, sono state respinte dalla scuola per ordine della DS, che affermava di non aver ricevuto la comunicazione dell’assemblea da parte della cooperativa. Non solo, la dirigente, dopo aver minacciato le colleghe di inserire la giornata come assenza ingiustificata, invia una comunicazione alla cooperativa in cui viene chiesto alle lavoratrici di non riprendere servizio a scuola, affermando testualmente “di evitare di presentarsi sul posto di lavoro onde evitare ulteriori disagi alla nostra cosi fragile utenza”. Chiediamo di aprire un’inchiesta su quanto accaduto e fare luce su tutta la vicenda, prevedendo la possibilità di applicare eventuali sanzioni come all’art.16 comma 4 del CCNL 15/07/2010 che prevede una sanzione per condotta, per comportamenti non conformi ai principi di correttezza verso i dipendenti o nei confronti di terzi. E ricordiamo, infine, la proposta del 5 in condotta per gli occupanti del Mamiani, dura sanzione disciplinare agli studenti che per primi hanno avvertito la necessità di rialzare la testa per chiedere il ritorno in presenza e in sicurezza.

CHIEDIAMO che si tuteli il funzionamento democratico degli organi collegiali per una scuola dove tutti siano responsabili e parti attive della realizzazione piena del diritto allo studio.

In attesa di un riscontro e di un confronto pubblico in cui tutti e tutte possano partecipare. CHIEDIAMO infine un impegno a realizzare: un monitoraggio puntuale ed approfondito sia delle scuole inutilizzate, o destinante ad uso diverso sia di aule inutilizzate nei plessi per ragioni diverse (infiltrazioni piovane, problemi strutturali, impiantistici e manutentivi, altri). Ricordiamo che oggi secondo il censimento del MIUR esistono in Italia almeno 3.042 scuole inutilizzate e almeno 70.000 aule “inattive”.

CHIEDIAMO L’Inserimento delle scuole e delle aule nel piano di manutenzione di recupero di carattere urgente cofinanziato dalla B.E.I.E la realizzazione dei lavori programmati e resi operativi con appalti destinati al recupero definitivo delle scuole ed aule che consentano l’ospitalità alle classi che in maggior numero saranno create attraverso i nuovi parametri e criteri di formazione delle classi al fine sia di disporre un diradamento delle classi in stagioni di pandemia, ma anche per rendere le relazioni educative e gli apprendimenti significativi ed efficaci.