Siamo insegnanti del Movimento dei Docenti Romani nato nel gennaio di quest’anno e velocemente cresciuto con l’intento di porre interrogativi urgenti, riflessioni ponderate e conseguenti azioni nel merito della realtà scolastica nazionale.

Nell’arco dell’intero periodo di pandemia coincidente con quasi due anni scolastici, superando le difficoltà via via emergenti e più che note, abbiamo garantito agli studenti le condizioni migliori possibili per favorire studio e crescita nell’apprendimento, restando solidi punti di riferimento in un contesto di grande confusione nella gestione del sistema dell’istruzione.

Interveniamo oggi con un appello urgente alle Istituzioni, perché ora si sta presentando un’occasione storica: se è vero che il rilancio del sistema scolastico è condizione sine qua non per la ripartenza del sistema paese, è il momento di progettare la tanto attesa riforma investendo nell’istruzione delle nuove generazioni e utilizzando il denaro del Recovery Fund per la costruzione di nuovi edifici e la messa in sicurezza di quelli esistenti.

L’attuale Governo infatti dichiara di voler risolvere i problemi strutturali che il sistema scolastico si trascina da anni e che si individuano ormai facilmente e chiaramente, essendo esplosi in tutta la loro portata nel corso di questa pandemia. Quando si passa però dalle dichiarazioni di intenti ai provvedimenti concreti, vengono riproposti identici scenari: a guidare le scelte governative è ancora un criterio economico e non didattico. Valga fra tutti l’esempio del numero di alunni per classe che è in concreto l’oggetto di questa lettera.

Senza sollevare argomenti pedagogici, anche il buon senso rende evidente che più una classe è piccola e più e meglio gli studenti vengono seguiti; senza sollevare argomenti pandemici, ognuno comprende che meno sono gli alunni per classe, meno le probabilità di contagio. Creare gruppi classe di non più di 20 studenti (anziché 31 come ora) implica incrementare gli organici, cosa che non si è mai voluto fare per motivi di bilancio.

Eppure, pur essendo prerogativa del Ministro definire annualmente, in base all’art. 2 del DPR 81/2009, le dotazioni organiche complessive sia a livello nazionale sia regionale, anche per il prossimo anno scolastico, gli Organici sui posti comuni (620.623) rimangono invariati rispetto all’anno in corso, come si evince dalle tabelle allegate nella Bozza al Decreto presentata ai sindacati dal Ministero della Pubblica Istruzione. Se ne deduce che le classi numerose rimarranno tali anche per il prossimo anno scolastico. L’elevato numero di alunni per classe, problema riconosciuto universalmente da genitori, studenti, personale Ata e stigmatizzato dalla brutta definizione di “classi pollaio”, è conseguenza dei tagli economici alle politiche per la scuola voluti nel 2009 e realizzati con la Legge Gelmini.

In una situazione di normalità esso costituisce un fattore di rallentamento enorme per una didattica efficace, inclusiva e personalizzata; nell’emergenza della pandemia ha rappresentato e rappresenta il principale tra i fattori ostacolanti la messa in sicurezza della salute di tutti per la salvaguardia della didattica in presenza a scuola.

Perché non si vuole modificare la Legge Gelmini che stabilisce un tetto massimo agli organici del personale della scuola? Eppure sono sotto gli occhi di tutti i danni che la politica di subordinazione degli investimenti nell’istruzione a parametri stabiliti aprioristicamente dal Ministero dell’Economia ha prodotto sull’organizzazione complessiva delle scuole, sulla gestione del sistema scolastico durante questa pandemia e infine sui processi d’apprendimento.

Denunciamo pertanto l’assenza di volontà da parte delle Istituzioni di modificare l’assetto degli spazi della scuola e degli organici in modo da garantire a partire dal prossimo anno scolastico il ritorno fisico nelle classi di docenti e studenti in piena sicurezza e con un rinnovato slancio metodologico e didattico.

Vogliamo conoscere la causa reale che impedisce di invertire un processo di indebolimento lento e continuo del nostro sistema d’istruzione, che sopravvive a stento in uno stato di emergenza cronica.

Ogni governo che si insedia propone sistematicamente un Progetto di Riforma della scuola senza nel concreto riformare nulla e ciò che cambia è sempre un’aggiunta gravosa per i docenti che la realizzano a costo zero e per gli studenti, che devono parcellizzare studio e attenzione tra una molteplicità di discipline scolastiche.

Le dichiarazioni del Premier e del Ministro dell’Istruzione fanno intendere che questo Governo vuole realizzare un cambio di passo.

Noi Docenti sappiamo che ampliare gli spazi, mettere a norma gli edifici, acquisirne di nuovi rappresenta un progetto complesso che richiede del tempo;  tuttavia con il Recovery Plan ora sussistono le condizioni per elaborare un piano che coinvolga Stato, Regioni ed Enti Locali ed investire efficacemente sull’edilizia scolastica, dando alla società civile l’impressione chiara che sul tema dell’istruzione si vuole veramente cambiare paradigma, memori degli errori e dei danni registrati in questi anni.

Il nostro sistema scolastico è sicuramente migliorabile ma, senza la riduzione delle “classi pollaio”, ogni dichiarazione appare retorica e propagandistica. Pertanto, a fronte del proclama della centralità della scuola, del “prima la scuola”, del “priorità alla scuola”, le decisioni concrete non vengono prese. Dunque denunciamo apertamente la subalternità del tema dell’istruzione rispetto alle politiche complessive del Governo. Nulla è cambiato.