Caro Presidente del Consiglio Matteo Renzi,

torno a scriverle, a quasi un anno da quando io, come molti altri insegnanti, risposi alla sua email di lodi alla Buona Scuola con una circostanziata serie di critiche. Ora lei ammette: «sulla scuola abbiamo fatto qualche pasticcio». Non avevamo forse cercato di evitarle proprio questi pasticci con le nostre proteste e proposte?

Da abile politico qual è, dobbiamo riconoscerlo, nonostante le nostre veementi proteste, lei è riuscito, seppur perdendo pezzi di partito ed ex compagni di strada, a far passare comunque la riforma della scuola. Qualche aggiustamento è stato apportato in seguito alle proteste, per esempio la chiamata diretta dei presidi è stata rinviata, ma in compenso nel corso di questo anno scolastico abbiamo già saggiato alcuni possibili effetti a lungo termine della Buona Scuola, in primis con la prima grande discriminazione professionale che la scuola della Repubblica abbia conosciuto in 70 anni di storia.

Nel corso dell’inverno, infatti, abbiamo visto apparire a scuola gli insegnanti dell’organico potenziato. Nei colleggi dei docenti di settembre i presidi avevano accennato, e sottolineo accennato, a questa novità, prevista dalla legge 107, ma era solo una nota fra le mille altre, legate alle urgenti incombenze d’inizio anno. Dicevano che l’organico potenziato avrebbe permesso di migliorare l’insegnamento delle materie di indirizzo nel singolo istituto, ma in modi tutti da definire e avvertendo che quest’anno difficilmente si sarebbero avuti i docenti per le classi di concorso richieste. Mai e poi mai, però, avrei immaginato di trovarmi di fronte colleghi, regolarmente assunti, «a disposizione» di non si sa bene chi. Colleghi che «non andavano impiegati come tappa buchi», cioè per fare sostituzioni, come giustamente ci intimavano i presidi, bensì da coinvolgere nella didattica. Peccato che al loro arrivo fossimo ad anno già iniziato e con i programmi già definiti. Lo trovo un trattamento vergognoso, un vero e proprio demansionamento visto che costringe i colleghi ad affidarsi alla solidarietà dei docenti titolari e alla loro creatività per poter insegnare, per giunta quasi mai da soli, né a una propria classe, ma sempre in comprensenza. Ciò impedisce ai colleghi di impostare un lavoro autonomo e libero, come deve essere quello dell’insegnante.

Nel mio dipartimento ho chiesto che fossero fissati principi chiari, degni e in linea con i diritti e i doveri del contratto d’insegnamento per i colleghi del potenziamento. Non è stato fatto, forse non poteva essere fatto, visto che avrebbe richiesto molto tempo e non eravamo lì solo per quello, quindi si è preferito procedere caso per caso, insegnante per insegnante. È una situazione intollerabile. Dunque, fra i vari pasticci a cui accennava sarà bene iniziare con questo, prima che lo Stato si trovi a dover fare i conti con centinaia di professionisti demansionati e ingiustamente discriminati.

A proposito, le ricordo che da anni siamo in attesa del rinnovo del contratto. Dato che cerca soluzioni per far ripartire l’economia, potrebbe proseguire da qui.
Cordialmente,

prof. Valerio Cuccaroni
liceo scientifico G.Galilei 
Ancona