Da vecchio lettore del manifesto, vorrei congratularmi con Mauro Biani il cui lavoro spicca per efficacia ed assoluta originalità stilistica.

In un paese che si compiace della satira, anzi vi sguazza ritenendola addirittura un gesto di trasgressione, Biani si sottrae e sceglie la via della critica.

Perché la satira salvo eccezione è conservatrice, ricompone a segno invertito ciò che presume di abbattere o di sconciare (in realtà è una strizzata d’occhio, un gesto di familiarità e di intesa, a volte persino di correità) mentre la critica scompone, analizza, distingue.

La critica è in sostanza “ironia” e dunque necessaria distanza dai propri oggetti, la critica fa pensare mentre la satira vorrebbe far ridere anche quando non c’è niente da ridere. Un senso muto, glaciale, non meno necessario, proviene dal segno di Biani la cui poetica coincide con la sistematica messa in mora degli stereotipi linguistici e visivi, quei frammenti di senso comune che ogni giorno ci affliggono e ci sporcano.

Non è poco, sul serio.