Non è questione dell’utilizzo di un volo militare o di altri aspetti di mera opportunità: il rientro delle salme dei rappresentanti di casa Savoia in Italia (cui seguirà l’inevitabile polemica riguardante la traslazione al Pantheon: tanto per aggiungere confusione a confusione) costituisce un ulteriore passaggio della «damnatio memorie» in atto rispetto ai valori costitutivi della democrazia repubblicana e della storia del nostro Paese.

Qualcuno oggi ha elencato i tre punti sui quali casa Savoja e in particolare Vittorio Emanuele III si sono resi protagonisti del disastro del fascismo, della guerra, delle leggi razziali: non aver tolto l’incarico a Mussolini dopo il delitto Matteotti; aver provocato l’8 settembre; aver firmato le leggi razziali.

Ci sarebbe da aggiungere l’aver fatto entrare in guerra l’Italia il 24 maggio 1915 senza un voto del Parlamento (650.000 morti e un milione di feriti); il comportamento lungo tutto il ventennio di dittatura in piena regola (si sta tentando di contestare anche il concetto stesso di fascismo come regime dittatoriale); l’ingresso nella seconda guerra mondiale; l’aver consentito la modifica dello Statuto in punti essenziali come quello dell’elevazione di un organo di partito (il Gran Consiglio) a organo costituzionale e l’abolizione della Camera dei deputati.

Anche così però si sono soltanto precisati alcuni aspetti senza toccare il dato di fondo: ben oltre la «pietas» da esercitarsi nella normalità di questi casi, il punto è quello dell’ennesimo sfregio inferto alla storia della democrazia repubblicana e alla memoria della fase decisiva di costruzione della nostra democrazia.

Nella formalità non è avvenuto nulla in violazione della Costituzione. Invece nella profondità dell’espressione dei valori comuni che hanno costruito la Repubblica siamo davanti ad un’insopportabile sottrazione di identità della nostra memoria storica.