«Arrivare all’ospedale in lacrime, stringendo la tua unica figlia illesa tra le braccia e accompagnando il tuo unico figlio, ferito, ma ancora vivo. Sederti in un angolo, attonito, con lo sguardo perso, i vestiti sporchi, la barba lunga, la fame e la sete che non senti più, con la piccola aggrappata al collo. E poi scoppiare a piangere. Hai tenuto tutto dentro nel lungo viaggio da Mosul a Erbil, tua moglie e gli altri tre figli sono morti durante i combattimenti e il dolore ti uccide.

Passano i giorni, le condizioni di tuo figlio migliorano e la telefonata di un cugino ti fa sapere che una delle tue figlie, che credevi essere morta e avevi perso di vista al Posto di Primo Soccorso, è viva!
In quello scantinato, dove vi eravate rifugiati per giorni durante i combattimenti, al freddo, senza cibo, senza acqua e gravemente feriti, avevi prima assistito alla morte di tua moglie e poi avevi visto quella tua figlia spegnersi lentamente.

Eri convinto fosse morta. La telefonata ti ha colto alla sprovvista, sei corso a dirmelo, la bambina ha perso una gamba, ha subito delle ustioni e ti hanno riferito che si trovava in un campo di sfollati fuori da Mosul. Me lo hai detto in lacrime e ho pianto con te.

Abbiamo messo in piedi la ricerca, mille telefonate ad amici, giornalisti e colleghi. L’abbiamo trovata, i colleghi l’hanno portata all’ospedale più vicino, l’abbiamo messa su un’ambulanza e oggi è qui. Vi siete abbracciati e baciati, avete pianto, tutti e quattro stretti in unico abbraccio. E noi abbiamo pianto e gioito con voi. Quanto dolore e quanta tristezza, quanta felicità e quanta rabbia.

Io ho visto la guerra, ho visto per anni le conseguenze di questa follia. Non la capirò mai e non esiste nulla a questo mondo che la possa giustificare, nulla che mi faccia credere che questa famiglia paghi un prezzo accettabile per queste guerre «necessarie o giuste».
Milioni di persone stanno perdendo tutto, centinaia non perderanno più nulla, perché sono morte. La guerra è «accettare di essere disumani».

Michela, coordinatrice medica all’Emergency Hospital di Erbil in Iraq