Spett.le Direttore del Consorzio di Tutela del Grana Padano Dop,

ho letto la Sua lettera pubblicata sul quotidiano «il manifesto» e relativa all’articolo del 24 ottobre intitolato Grano Padano. Premesso che trovo il titolo sufficientemente spiritoso e dissacrante, come nella migliore consuetudine del giornale, non vedo peraltro alcuna possibilità di fraintendimento/ coinvolgimento con il prodotto che Lei è tenuto a tutelare, salvo il gioco di parole chiaramente decifrabile.

Ritengo pertanto la Sua lettera finanche offensiva, quando ipotizza che i lettori del giornale non siano in grado di distinguere, appunto, il legittimo gioco di parole da una valutazione sul formaggio. Peraltro io non compro e consumo Grana Padano Dop, ritenendo il formaggio Parmigiano Reggiano Dop migliore sia sul piano organolettico che qualitativo (per assenza di lisozima ed il non utilizzo di insilati, finalizzati questi ultimi all’aumento della produzione a sicuro scapito della qualità).

Dopo la Sua ridicola e risibile lettera a «il manifesto», non solo continuerò a non acquistarlo, il «Suo» formaggio, ma anche a informare tutti i conoscenti delle differenze qualitative con il Parmigiano Reggiano Dop, definite peraltro nei rispettivi Disciplinari. E questo, ovviamente, non perché abbia frainteso il senso dell’articolo, ma proprio per l’antipatia politica che la Sua replica scatena.

Del resto è vero che la Dop che Lei è chiamato a rappresentare e tutelare è la prima al mondo per volumi di formaggio venduto, ma questo indubbiamente in funzione dei quantitativi prodotti. Altrettanto vero che l’acquisto del formaggio grana prodotto nelle regioni poste a sinistra del Po è, sul piano economico, per il consumatore, probabilmente più conveniente rispetto al quello del Parmigiano Reggiano Dop. Ma anche questo approccio economico/ produttivista andrebbe riesaminato.

Ritengo infatti che a parità di spesa, ma anche spendendo un po’ di più, sia preferibile mangiare meno e meglio. E questo approccio sia quello da comunicare a parenti, amici e conoscenti per garantire una corretta informazione/ educazione ambientale/ alimentare.

Lapo Strambi

«Questioni di pancia»

La cosa meravigliosa della democrazia è il libero arbitrio, la libertà di scelta e la libertà di opinione. E io le rispetto tutte, sia quelle correttamente argomentate come la sua e sia quelle «di pancia». Mi farebbe piacere che anche gli altri facessero con me quello che io faccio con loro. Conosco molto bene la qualità dei lettori de «il manifesto» e mai, per un solo secondo, ho pensato che fossero da quel titolo condizionabili nelle loro opinioni e scelte alimentari.

Però quel titolo era nella rassegna stampa di tutte, ma proprio tutte, le televisioni e ciò che mi ha infastidito è stata l’associazione Grana Padano/Lega Nord, che non voglio che passi nel contesto italiano anche perché, come ho scritto, l’area per noi più importante per consumi è il Sud Italia, dal quale per altro proviene la famiglia di mia moglie e il compagno di mia figlia.

Anche Blob su Rai3, convengo in modo assai più maldestro di «Grano Padano», nel 2001 rimodellò il nostro spot del coltellino che trapassava gli alimenti, sostituendolo all’aereo che si infilava nelle Twin Towers, con Umberto Bossi che appariva in video dopo l’impatto devastante. Fummo costretti, dopo una verifica, a cambiare il claim finale dello spot, ma venimmo risarciti da Rai.

La nota a «il manifesto» era per precisare e specificare che essendo il nostro un prodotto «nazional popolare», addirittura con uno share del 56% nelle famiglie italiane, può essere danneggiato da associazioni di idee, fuorvianti, maliziose e distanti dal vero.

Le confesso che la mia lettera a «il manifesto» aveva solo lo scopo di motivare il perché non abbia a ripetersi una cosa analoga e non ho introdotto l’ipotesi di rifacimento dei danni.

Sappia infine che mi fa molto piacere Lei consumi Parmigiano Reggiano e divulghi le sue scelte «urbi et orbi», sarei invece dispiaciuto Lei si allontanasse e facesse allontanare i suoi amici dal consumo della categoria e forse potrà sorprenderla che io non mi impegni a sconfessare le sue convinzioni ma, anche se le potrà apparire strano, i più grandi tifosi dei consumi del Parmigiano Reggiano siamo noi «granapadanisti» ed il perché è semplice: più si consuma Parmigiano Reggiano, più il suo prezzo sta sostenuto e più, di conseguenza, anche il nostro che prospera grazie alla forbice di prezzo tra i due prodotti essendo il Parmigiano Reggiano davanti a noi nel percepito di qualità dai consumatori. E non per via del conservante, che è assolutamente naturale estratto tal quale dall’uovo, presente abbondantemente nel latte di donna, nelle nostre lacrime e nella nostra saliva, ma semplicemente perché questo è ciò che emerge dalle ricerche sui consumatori perché da sempre il Parmigiano Reggiano costa di più a produrlo e quindi costa di più sullo scaffale della distribuzione ed ha un percepito di qualità superiore al nostro, anche se oggi decisamente meno di 20 anni fa, ma comunque superiore.

Vede, i nostri avversari non sono i produttori di Parmigiano Reggiano, ma i copioni evocatori che sfruttando la semplicità di analisi di una parte della popolazione italiana (che non legge «il manifesto») trovano spazi sempre crescenti senza avere la dignità di proporsi distinti, perciò copiano il nome chiamandoli con l’abbreviativo di «Grana» e cioè «Gran», copiano il pack nelle immagini e nelle pezzature, copiano il gusto e il colore (e a volte riescono anche non male) e spesso sono posizionati negli scaffali in mezzo al Parmigiano Reggiano e al Grana Padano.

Questi, e solo questi, sono i nostri avversari. Ma non voglio tediarla oltre abusando della sua pazienza nel leggermi (perché sono certo lo farà), ma avendo constatato che Lei è un consumatore attento (parla correttamente di disciplinare, di zona di produzione, di quantità prodotte, di tecniche di lavorazione) ne ho approfittato.

Cordiali saluti.

Dott. Stefano Berni, Direttore Generale Consorzio Tutela Grana Padano