Sul manifesto del 4 settembre Enrico Grazzini scrive in un articolo intitolato «La vera forza del modello tedesco»: con l’elezione dei rappresentanti nei consigli di impresa (limitata ai CdA) «i lavoratori hanno quindi un enorme potere: il governo delle maggiori imprese… è condiviso da lavoratori e azionisti». A mio avviso il fenomeno della Mitbestimmung in Germania andrebbe analizzato con meno superficialità per non cadere in euforismi abbaglianti.

Già, il peso dei rappresentanti dei lavoratori non è uguale a quello dei grandi azionisti. Nella pratica della vita sindacale la partecipazione dei rappresentanti dei lavoratori a questi consigli si riduce ad essere informati un po’ prima dei loro colleghi.

Avendo lavorato per tanti anni nella Siemens italiana ho visto da vicino come i nostri ex-colleghi di Monaco hanno dovuto subire tagli drastici del personale e chiusure di interi reparti (telefonia mobile) e di conseguenza trovarsi senza lavoro o costretti a trasferirsi in sedi distanti centinaia di chilometri. «In Germania non accade… che gli azionisti possano decidere da soli… di cedere i gioielli dell’industria nazionale» continua l’articolo.

Chiedo a Grazzini: e se perdono il lavoro con il consenso dei loro rappresentanti, cosa cambia per i lavoratori, come successo sempre in Siemens e in tante altre aziende della Germania?

La pericolosa e superficiale tendenza di una parte del sindacato concertativo dell’Italia di inneggiare al «modello tedesco» in fondo serve solamente ai padroni italiani, perché noi dobbiamo lottare concretamente contro lo smembramento continuo del nostro apparato produttivo per mano della classe dei capitalisti.

Lutz Kühn

Giusto caro Lutz,

lei ha ragione, anche la Mitbestimmung non è rosa e fiori. Anche la Germania come noto è un paese capitalista e anche con la Mitbestimmung i lavoratori sono sfruttati e vengono licenziati. Anche in Germania gli azionisti prevalgono, però i lavoratori possono condizionare e hanno potere codecisionale. E comunque c’è un’enorme differenza tra l’Italia, e in generale tra il modello anglosassone di corporate governance in cui comandano solo gli azionisti e il management, e la Germania.

In Siemens licenziano; ma sono convinto, e la storia mi da ragione, che in Germania non potrebbero mai accadere casi clamorosi di fuga dei capitalisti, come la Fiat, come l’Ilva, come Telecom Italia, che possono andare all’estero senza nessuna opposizione.

La partecipazione (quasi) paritaria dei lavoratori nei Cda delle aziende è un’arma potente (ma non definitiva) contro la finanziarizzazione delle imprese, la deindustrializzazione e la disoccupazione. E la sinistra dovrebbe cominciare a discuterne, anche se la Mitbestimmung è odiata dalla Confindustria italiana e dalle associazioni padronali tedesche.

Basterebbe applicare (possibilmente bene) l’articolo 46 della Costituzione.

Enrico Grazzini