Domenica 1 novembre a Roma è stato denunciato il coinvolgimento del ristorante Stazione di Posta della Città dell’Altra Economia nelle operazioni d’immagine del governo israeliano. Il ristorante romano, infatti, con lo chef Marco Martini, è tra i partecipanti della Round Tables Tour, evento culinario che si svolge a Tel Aviv dal 1 al 21 novembre, con la sponsorizzazione dei ministeri israeliani del Turismo ed Affari Esteri, nonché dalla Golan Heights Winery, impresa israeliana che opera in una colonia illegale.

Dopo essersi seduti ad un tavolo del ristorante, un gruppo di solidali con la popolazione palestinese ha spiegato alla responsabile, e ai tavoli vicini, come la partecipazione del ristorante all’evento rientri nel progetto governativo Brand Israel, che, attraverso la cultura e le arti, anche culinarie, cerca di creare un’immagine positiva del paese, e distogliere l’attenzione dalle sue gravi violazioni dei diritti dei palestinesi, tra cui: i bombardamenti e l’assedio di Gaza, la costruzione del muro e la continua espansione delle colonie, il furto di risorse naturali, l’uccisione di agricoltori e bestiame, la distruzione di pozzi dell’acqua e delle coltivazioni. Tanto che, secondo le Nazioni Unite, solo il 35% dei palestinesi gode della sovranità alimentare.

Tutto ciò era stato denunciato già nelle settimane precedenti, con una lettera firmata da oltre 130 gruppi per i diritti umani di tutto il mondo, tra cui più di 30 dall’Italia, che chiedeva ai ristoranti e agli chef di ritirarsi dall’evento. Stazione di Posta ha scelto di non rispondere. La responsabile ha replicato che l’Ambasciata di Israele in Italia aveva già avvertito di non dare retta a contestazioni, così confermando il livello di coinvolgimento del governo israeliano nel pilotare questo evento spacciato come «fruttuoso dialogo su cultura, economia e questioni sociali».

Nel frattempo manifestanti hanno distribuito volantini, per informare sul significato della manifestazione, che è stata condivisa da alcuni visitatori che si sono allontanati. Il ristorante ha mobilitato uno spropositato e inutile intervento delle forze di polizia, carabinieri e Digos che si sono avvicendati nello spazio alla ricerca dei solidali, senza tuttavia trovarli né certamente intimidirli in vista di azioni future. Con l’azione si è voluto inoltre solidarizzare con le decine di migliaia di palestinesi, in particolare i giovani, che stanno protestando contro le politiche di oppressione israeliane e ai quali Israele risponde sparando sui manifestanti, assassinando a sangue freddo civili indifesi, arrestando centinaia di giovani e bambini, attuando demolizioni punitive di case e bloccando interi quartieri in tutta la Palestina.

L’azione era anche una risposta all’appello della società civile palestinese per il boicottaggio, disinvestimento e sanzioni (Bds) contro Israele, che è il mezzo migliore per assicurare che i palestinesi, nelle parole dell’Arcivescovo Desmond Tutu, attivista anti-apartheid sudafricano e sostenitore del Bds, non siano ridotti a «raccogliere le briciole di compassione gettate dal tavolo di chi si considera padrone», ma piuttosto abbiano «il menù completo dei diritti».

Coordinamento Bds Roma e Provincia