Davvero non avrei mai pensato di dovermi trovare un giorno a difendere Nichi Vendola dalle accuse di classismo e quant’altro, piovutegli sul capo in seguito alla scelta di maternità o paternità, condivisa col suo compagno.

Non l’avrei immaginato giacché io stessa ho sempre rifiutato innanzi tutto il suo catto-comunismo che, nell’accezione classica, com’è tristemente noto, dallo sbarco di Salerno in poi, di compromesso in compromesso, ha sancito la sudditanza dell’Italia al Vaticano.

Ma oggi mi appare davvero puerile l’uso di termini come «maternità surrogata», «sfruttamento», «classismo», «mercimonio umano», e cosìī via, da parte di alcuni giornalisti che dovremmo persino considerare progressisti. La questione denominata Stepchild Adoption mi sembra assai più chiara e semplice di come i nostri politici-giornalisti-benpensanti vogliono lasciarci intendere. Come afferma molto laicamente il noto psichiatra Massimo Fagioli, il concepimento, la gravidanza e infine la nascita sono un mero fatto biologico, circondato e caricato di retorica, ipocrisia e luoghi comuni. Ciò che è essenziale e imprescindibile per il neonato viene dopo ed è il rapporto interumano.

È quindi l’affetto-amore che si prova nei confronti di un figlio ciò che conta e sarà certamente più amato il figlio di Niki Vendola, tanto desiderato, ambito ed ora anche strenuamente difeso (sic!) che non quei troppi sventurati figli «nati per sbaglio», rifiutati già in culla e maltrattati o trascurati dalle numerose famigliole etero-anaffettive.

Direi che è proprio il caso di ripensare la lotta di classe, per collocarla in altri e diversi ambiti, ben lontani dal privato dei liberi cittadini, anche quando questo «privato è politico».

Antonella Pozzi Roma