Ma quali ambientalisti “radical chic”. Rispondiamo alle recenti dichiarazioni del Ministro della Transizione (?) Ecologica, Roberto Cingolani. Perché le riteniamo offensive verso le migliaia di persone che in tutta Italia, da Taranto a Marghera, da Brindisi a Falconara, passando per Civitavecchia, Ravenna e tanti altri siti produttivi e inquinati soffrono le conseguenze ambientali sanitarie economiche della filiera da fonti fossili. Non è una questione da salotto per noi e moltissimi altri, forse lo è per lei ben comodo sulle poltrone.

La Campagna “Per il Clima, Fuori dal Fossile” è composta da movimenti che da oltre 30 anni lottano per l’ambiente, ma anche dai più giovani Fridays for Future, e dopo che la volontà popolare a larga maggioranza per ben 2 referendum vittoriosi si è espressa per l’abrogazione in Italia del nucleare del 1987 e del 2011, e con il problema ancora aperto del Deposito Unico delle Scorie Nucleari e del fallimentare progetto di Trisaia di rigenerare le scorie nucleari acquistate dagli USA, parlare di nuovi progetti nucleari è veramente anacronistico oltre che’ “ideologico”.

Senza dover ricordare il disastro di Chernobyl e il più recente di Fukushima, dove ora si è costretti a rilasciare a tempo indeterminato le acque radioattive nel Pacifico. Ministro Cingolani, non si capisce perché, mentre in Europa Lei sembra promuovere il PNRR italiano basato su incremento delle fonti rinnovabili, auto elettriche, idrogeno verde e risparmio energetico, invece in Italia sostiene in prima fila la fissione nucleare, auto e treni a idrogeno blu da metano, nuovi permessi di trivellazioni di petrolio e gas, a terra e a mare, e nuovi gasdotti, come l’autorizzazione rinnovata al
megagasdotto Poseidon, con approdo a Otranto e gas proveniente da Israele, Cipro e Egitto.

La fusione nucleare è solo ai primi studi, e ci vorranno 30-50 anni prima che sia realizzabile. E intanto il VI rapporto AR dell’IPCC (composto dai massimi studiosi mondiali sull’emergenza climatica) denuncia l’allarme rosso per l’umanità, e lei ha voglia di deridere noi ambientalisti che denunciavamo già 30 anni fa la crisi climatica?

E mentre tutta Europa punta sulle auto 100% elettriche (basta guardare le pubblicità delle auto in TV), Lei guarda alle auto e alle caldaie per riscaldamento a idrogeno blu, un mercato che non ha né domanda né offerta? E a nuovi gasdotti? A inceneritori? A nascondere la CO2 sotto terra con i CCS? A nuove trivelle di petrolio e gas? Sono tutti progetti esclusi dalla UE dai progetti finanziabili con il Recovery Plan e Just Transition Fund. Si chiamano “stranded assets” in economia, opere che godono del finanziamento pubblico, ma che poi non diventano operative o
comunque sono già progettati in perdita.

Il 24 agosto 2018 è entrato in vigore il “Regolamento recante modalità di svolgimento, tipologie e soglie dimensionali delle opere sottoposte a dibattito pubblico” (decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 10 maggio 2018, n. 76), che obbliga lo Stato Italiano a sottoporre a consultazione pubblica e democratica tutte le grandi opere.

Come hanno fatto per esempio Germania e Francia per ogni progetto PNRR presentato. Perché non sappiamo nulla degli oltre 150 progetti che dovrebbero essere finanziati con la prima tranche del PNRR, ma avete pubblicato solo dei capitoli di spesa generali? Quali sono tali progetti e dove sono?

I fondi del PNRR sono solo in parte un “regalo” della UE, ma due terzi sono debiti che dovremmo restituire noi “radical chic” e tutti gli italiani, in particolare i nostri figli, nei prossimi decenni: e vogliamo sapere per cosa saranno spesi gli oltre 50 miliardi per la parte fondamentale degli investimenti nelle energie.

Il prossimo 9 ottobre, porteremo la nostra protesta e le nostre proposte sotto al suo Ministero per reclamare un cambio di passo netto e deciso verso una vera riconversione ecologica per la giustizia climatica.

Chiediamo a tutte le realtà ecologiste e ai comitati territoriali, di confrontarci e di aderire a questo importante appuntamento, pensato come una tappa di quel percorso di mobilitazioni che, dal NO G20 di Venezia e di Napoli, passando dalle iniziative di contestazione della pre–Cop in programma a Milano, e dallo sciopero generale dei sindacati di base, ci porterà alle manifestazioni contro la COP 26 a Glasgow.

Ci vediamo davanti al Ministero della Transizione (?) ecologica il 9 ottobre prossimo.