Nella notte fra domenica 4 febbraio e lunedì, ci ha lasciato Piero Bona, un amico, un compagno. Figlio di un militare di professione aveva seguito il padre nella base Aeronautica di Rimini, città nella quale ha vissuto.

Nel cuore della lotta degli studenti dell’Università di Bologna, alla fine degli anni sessanta, si laurea brillantemente in ingegneria. Da quel momento Piero dovrà affrontare decisioni non facili e si troverà spesso di fronte a strade che divergono.

Ed ecco il primo bivio della sua vita: come far convivere una laurea fortemente “tecnica” con la recente scoperta della politica che lo ha visto protagonista a Bologna nei collettivi universitari? La scelta cade sull’insegnamento di matematica nelle scuole superiori della città d’adozione, anche perché in quegli anni il movimento studentesco a Rimini produce un’azione insieme fervida e riflessiva, capace di innestare un ciclo di lotte durato molti anni e di tracciare un segno profondo nella scuola e nel rapporto con il mondo del lavoro. Piero decide di portare la sua intelligenza e l’esperienza dei collettivi bolognesi, nel cuore del movimento riminese.

Ecco il secondo bivio, la scelta di stare nel movimento gestendo la critica del ruolo di insegnante, ma anche di cercare una ancoraggio politico capace di guardare al complesso della società e del mondo, ai luoghi in cui si produce l’egemonia del capitale, ai luoghi della politica.

Arriva per lui, insieme a molti compagni, la scelta di dar vita al Gruppo del Manifesto, subito dopo lo strappo del 1969, nei primissimi anni ‘70. Grazie all’intensa attività nel movimento e, si può aggiungere, di “maestro” per tanti giovani che si venivano affacciando alla politica, Piero diventa protagonista dell’insediamento a Rimini del pensiero unitario ma critico nei confronti della tradizione comunista, proprio del gruppo del Manifesto e, negli anni successivi, del PdUP.

Diventa un dirigente politico riconosciuto, organizza seminari sul marxismo, gruppi di intervento nei poli industriali della provincia, entra in Consiglio Comunale, dà vita ad una pubblicistica politica che orienta il dibattito pubblico anche su temi propriamente locali. Questa fase prosegue per tutti gli anni settanta e parte degli ottanta.

Il terzo bivio. Nel novembre del 1984 il Partito di Unità Proletaria decide a maggioranza di sciogliersi per confluire nel PCI.

Piero, rispetto a quella scelta che non condivide del tutto, decide di dedicarsi ad attività culturali. In particolare si dedica alla riscoperta dei valori del territorio dando vita all’Arci-Gola e impegnandosi nella Azienda di Promozione Turistica della provincia.

La vita politica attiva gli è ormai lontana, ma la sua voce in città continua a farsi sentire con intelligenza e capacità critica, osservando l’evoluzione della sinistra, le effimere vittorie e le molte sconfitte sotto i colpi del neocapitalismo.

Questa voce e l’acume dei suoi giudizi, ora ci mancheranno.

Ai suoi compagni e a quanti l’hanno conosciuto l’abbraccio del collettivo del manifesto