Da orgoglioso «torturatore» che nella scuola Diaz rientrerebbe «mille volte», a super pentito che non sa darsi pace, nel giro di qualche ora, dopo una breve parentesi da incompreso e vittima di «strumentalizzazioni». Fabio Tortosa, il poliziotto del Nucleo Celere che ha ribattezzato «azione ineccepibile» la «macelleria messicana» che è costata all’Italia la condanna da parte della Corte europea dei diritti dell’uomo, deve aver capito che potrebbe diventare il solo capro espiatorio che paga per tutti i suoi «fratelli», con buona pace dello spirito cameratesco del reparto. «Su Carlo Giuliano ho sbagliato, è la cosa di cui più mi rimprovero e della quale non riesco a darmi pace», ha detto ieri a Sky Tg24 dopo che il padre del ragazzo ucciso il 20 luglio 2001 a Genova, Giuliano Giuliani, ha chiesto in una lettera aperta al presidente della Repubblica Sergio Mattarella se non ritenga di dover «chiedere scusa a Carlo in nome dello Stato» per le «offese insopportabili» rivolte a suo figlio dall’agente. «Non so se al signor Giuliani basteranno le scuse di un uomo dello Stato che non ne è il capo – ha aggiunto – ma la colpa di quello che ho scritto è mia».

Le parole con le quali, sul suo profilo Facebook poi cancellato, Tortosa ha oltraggiato la memoria del giovane ucciso in Piazza Alimonda – «Carlo Giuliani fa schifo e fa schifo anche ai vermi sottoterra» -, quelle con le quali ha rivendicato con esaltazione di essere stato tra coloro che la sera del 21 luglio 2001 forzarono cancello e portone e fecero irruzione nella scuola del massacro, e quelle usate per chiarire meglio il suo agghiacciante pensiero in alcune interviste rilasciate ieri, hanno infatti suscitato un moto di sdegno soprattutto sui social network – la pagina Fb «Fabio Tortosa fuori dalle forze dell’ordine» ha ottenuto oltre 10 mila adesioni in poche ore – e messo in imbarazzo le stesse istituzioni.

Le frasi di Tortosa «provano in maniera inequivocabile che una parte delle forze di polizia è gravemente malata», fa notare il senatore Pd Luigi Manconi che chiede una «tempestiva e radicale riforma della polizia, a cominciare dalle modalità di accesso», e «l’adozione del codice identificativo». Mentre l’ex grillino Francesco Campanella, senatore del Gruppo misto, annuncia di aver appena depositato un ddl che prevede l’istituzione di una commissione parlamentare d’inchiesta su Genova.

Il coordinatore di Sinistra Ecologia Libertà, Nicola Fratoinanni, incalza invece Angelino Alfano che aveva annunciato «massima severità» nelle sanzioni contro il poliziotto: «Ci auguriamo che il ministro dell’Interno non mancherà di informare dettagliatamente il Parlamento di ciò che verrà deciso. Forse però è arrivato il momento di spalancare davvero porte e finestre nei Palazzi degli apparati».

Anche Donatella Ferranti, presidente della Commissione Giustizia della Camera, dai microfoni di Rai Radio Uno, dà «ragione ad Orfini» sull’«opportunità politica» delle dimissioni dalla presidenza di Finmeccanica di Gianni De Gennaro, capo della polizia all’epoca dei fatti, processato e poi prosciolto.

Ferranti ha poi risposto anche a Ilaria Cucchi, la sorella di Stefano, il giovane morto da recluso nell’ottobre 2009 una settimana dopo essere stato arrestato, che le chiedeva in una nota «se sono questi i rappresentanti dei sindacati che sono stati sentiti in audizione mentre si discuteva il ddl sulla tortura». «No, Tortosa non è stato audito», ha ribattuto la deputata Pd dicendosi altrettanto «ferita e amareggiata» «per le gravissime affermazioni» del poliziotto. Ma in sede di audizioni in commissione, ha aggiunto Ferranti, «posso assicurare che da parte di tutti i sindacati delle forze dell’ordine è giunto un contributo responsabile e costruttivo».

In attesa di ulteriori contributi, la Fandango, casa di produzione del film di Daniele Vicari, annuncia con un tweet: «Noi #Diaz il Film lo rifaremmo altre mille e mille volte!» .