Non ha «alcuna fiducia nella politica degli Stati Uniti» il leader cubano Fidel Castro, però appoggia la «soluzione pacifica» e «negoziata» dei conflitti secondo le norme delle leggi internazionali. E dunque la politica di ristabilimento delle relazioni diplomatiche con Washington annunciata lo scorso 17 dicembre dal fratello Raúl, in contemporanea col presidente Obama.

La dichiarazione del comandante è contenuta in un messaggio inviato lunedì agli studenti universitari, diffuso nel corso del telegiornale della sera e riprodotto dai due giornali ufficiali, Granma e Juventud rebelde. Così, quranta giorni dopo lo storico annuncio del crollo dell’ultimo muro della guerra fredda, viene rotto il silenzio di Fidel, che tante speculazioni ha prodotto nei mass media internazionali, come pure all’interno dell’isola.

Il lider maximo fa sapere, che non vi partecipa (« non ho scambiato alcuna parola» con i rappresentati nordamericani), ma appoggia le trattative in corso con gli Usa, sulla base di precise condizioni: il rispetto dei principi internazionali, che vietano l’ingerenza negli affari interni di altri paesi e dunque la politica volta a ottenere un cambio del governo messa in campo per più di 50 anni dagli Usa nei confronti di Cuba; favorire una collaborazione «con il popolo» americano più che con il governo di Washington e, infine, «senza alzare bandiera bianca». Ovvero, mantenendo i principi –«ispirati a Marx e a Lenin»- della rivoluzione cubana e le sue conquiste sociali e politiche.

Da quando ha «rinunciato alle sue cariche» nel 2006 a causa di una grave malattia, Fidel ha scelto la comunicazione con i giovani, specie gli universitari, per rendere ufficiali alcune sue considerazioni in materia di politica interna e internazionale. Così, in un incontro con giovani militanti, fece una sorta di –inusitata- autocritica, affermando che «ben poco sapevamo del socialismo» quando, all’inizio degli anni Sessanta del secolo scorso, lo stesso leader annunciò che Cuba era socialista.

In un’altra occasione di incontro con universitari, il più anziano dei fratelli Castro mise in guardia «che il socialismo cubano può essere messo in crisi o sconfitto solo da errori interni». In entrambe le occasioni, Fidel scendeva in campo per appoggiare le scelte attuate da Raúl, divenuto presidente e fautore di una linea considerata «più pragmatica» e riformatrice, attraverso una serie di misure volte a «modernizzare il socialismo cubano» nel campo sociale ed economico. Negli ultimi tre anni, tali riforme hanno portato a una serie di liberalizzazioni in campo sociale, come pure all’introduzione di misure volte a abbandonare la totale statalizzazione e dunque centralizzazione dell’economia in favore di una maggiore autonomia produttiva delle aziende statali, a un progressivo aumento delle cooperative come forma di «proprietà sociale» e infine a un settore privato che attualmente registra circa mezzo milione di cuentapropistas, lavoratori per conto proprio ( il termine privato conserva ancora un aura di sospetto ideologico).

Il processo di «apertura» e «normalizzazione» con gli Usa va oltre le riforme economiche e sociali e coinvolge il terreno politico, visto che la vicesegretaria del Dipartimento di Stato, Roberta Jacobson, ha messo in chiaro che gli Usa considerano strategiche le questioni dei «diritti dell’uomo» e della «demorazia». Per questo il silenzio di Fidel ha suscitato commenti nei quali si ipotizzava un disaccordo con la linea del fratello, se non la speculazione che il lider maximo, 88enne, fosse morto.

«Il presidente di Cuba ha attuato scelte pertinenti, in accordo alle sue prerogative e alle facoltà che gli concedono l’Assemblea nazionale e il Partito comunista di Cuba», afferma Fidel nella sua missiva. Mettendo così in chiaro che riconosce l’autorità e la competenza del fratello nelle scelte politiche, come pure che esse devono rispondere al parlamento e al partito comunista, di cui Raúl è segretario generale. Evocando il suo ingresso all’Università dell’Avana 70 anni fa, Fidel ricorda l’influenza che ebbero nel suo pensiero – e per «prescindere dalle illusioni borghesi», classe alla quale apparteneva- le idee di Marx e Lenin e avverte che «le idee rivoluzionarie devono sempre stare in guardia a misura che l’umanità moltiplica le sue conoscenze». Nella concezione espressa nel messaggio rivoluzione e progresso scientifico dovrebbero marciare in consonanza.

«Se oggi dovessi iscrivermi all’ Università, sceglierei una carriera scientifica», scrive.