Gentile Ministra,

ho letto, con grande interesse, della sperimentazione sui «compiti a scuola» avviata in alcune scuole italiane. Da tempo, sostengo la necessità di abolire i compiti nella scuola cosiddetta dell’obbligo (la petizione: «Basta compiti!», su change.org, ha superato le 24 mila adesioni) perciò considero benemerita qualsiasi iniziativa in tal senso.

Mi limito a segnalare la follia pedagogica dei compiti quotidiani e «per le vacanze», assegnati persino ai bambini che frequentano classi a tempo pieno (dopo 8 ore di immobilità forzata), rispetto alla quale ritengo necessario un intervento urgente da parte del Suo Ministero, pur nel rispetto delle prerogative costituzionali dei singoli docenti e dell’autonomia degli istituti, e del Ministero della Salute, giacché si tratta dell’igiene fisica e mentale degli studenti – oltreché di una patente violazione del «diritto al riposo e al tempo libero, a dedicarsi al gioco e ad attività ricreative proprie della sua età…» sancito dall’art.31 della Convenzione sui diritti dell’infanzia e dell’adolescenza, ratificata dallo Stato italiano il 27 maggio 1991, con legge n.176.

Trovo però pedagogicamente insostenibile la separazione (prospettata in alcuni articoli giornalistici di commento all’iniziativa), tra teoria e pratica, l’una la mattina l’altra il pomeriggio: in una didattica sensata devono procedere di pari passo, anzi la teoria dovrebbe scaturire dalla riflessione sulla pratica che perciò la precede.

Voglio, altresì, ricordare che in Italia operano più di 500 docenti di ogni ordine e grado, ignorati dal Ministero da lei diretto («segnalati» in più occasioni), che questa «sperimentazione» attuano da anni e senza avere necessità di estendere l’orario scolastico, e senza avere chiesto o ricevuto supporti e riconoscimenti; sono gli insegnanti iscritti al gruppo Facebook: «Docenti e Dirigenti a Compiti Zero», l’impegno dei quali dimostra che una scuola senza compiti è possibile in qualsiasi situazione e senza bisogno di aumentare il tempo scuola.

Dovendo fare uno studio sulla «fattibilità» di una didattica «senza compiti» sarebbe stato opportuno, utile, forse anche doveroso, interpellarli, acquisire le loro testimonianze, monitorarne le esperienze (alcune riportate nell’ebook: «I compiti fanno male»).

Un’occasione mancata, sempre che il Ministero non decida di avvalersi del contributo di quei docenti che sono già oltre la sperimentazione annunciata.

Dixi et salvavi animam meam.

* L’autore è un dirigente scolastico