Nei giorni scorsi, diversi media hanno dato notizia della polemica su un libro di testo per le elementari della Giunti (Edizioni del Borgo), in cui venivano riportate espressioni (riferite all’apprezzamento di un ipotetico bambino italiano nei confronti della compagna cinese) segnalate come portatrici di stereotipi (dice “glazie, plego” e anche “facciamo plesto”) e in rapporto a possibili fenomeni di bullismo (“non si offende mai quando la prendiamo in giro”).

Il nostro gruppo, “Dialogo/Biàn 辩”, è costituito da cittadini italiani, anche di origine cinese, e da cittadini cinesi nati/cresciuti in Italia, educatori, artisti, genitori e studenti. Da anni discutiamo dell’Italia che vogliamo contribuire a costruire; abbiamo scritto un testo a ruoli invertiti, ribaltando la situazione, nella speranza di far immedesimare le persone empatiche nei bambini “diversamente italiani”, che possono portare nel cuore ferite per le discriminazioni subite per la loro biculturalità, spesso non compresa né accompagnata, così come nei confronti di bambini che per altre ragioni hanno subìto forme di discriminazione.

Affinché si possa compiere tutti insieme un passo avanti verso una società capace di accogliere e rappresentare tutte le persone che convivono in Italia, differenti per genere, lingua, cultura, religione, orientamento sessuale, occorre un’assunzione di responsabilità da pezzi di comunità che ancora difficilmente dialogano tra di loro su tali temi: genitori d’origine straniera e non, insegnanti, istituzioni politiche, realtà educative e culturali.

Le riflessioni di Duccio, nella loro innocenza, pubblicate in un libro di testo del 2021, propongono modelli superati – e superabili. Per quale motivo un bambino, italiano o di altra nazionalità poco importa, che “non si offende mai se preso in giro” da una pluralità di compagni sarebbe un riferimento positivo? Pur consapevoli che ognuno di noi è facilmente vittima di pregiudizi e stereotipi, crediamo che una casa editrice per le scuole debba essere molto più attenta a questi temi e correggere la rotta quando si accorge di aver operato scelte linguistiche scorrette seppur in buona fede.

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“Frieda è una bambina come tante, innamorata del suo compagno di classe Stephano, un ragazzino italiano immigrato in Germania con la sua famiglia. Frieda decide di tenere un diario…
1 aprile
Caro Diario Segreto,
mi piace il mio compagno Stephano! È arrivato dall’Italia in classe con noi in terza elementare. Suo papà fa l’editore e conosce i nomi di tutti i calciatori.

LISTA DELLE COSE CHE MI PIACCIONO DI STEPHANO
gesticola tantissimo
parla sempre a voce alta, come i mafiosi nei film
sa tutto di calcio
suona il mandolino
mangia solo pasta e pizza
non si offende mai quando lo prendiamo in giro

Se la reazione fosse come quella di Giunti (Edizioni del Borgo), la fittizia casa editrice tedesca commenterebbe: «Quando ci sono stati casi di testi effettivamente vecchi e discutibili, o quando ci sono stati errori, siamo stati i primi ad ammettere le nostre responsabilità e a intervenire. Ma in questo caso facciamo fatica a trovare il problema. E qui non ci vediamo niente che abbia a che fare con il bullismo: tra l’altro, il testo parla di una bambina che è innamorata del bambino italiano, e lo racconta con leggerezza da bambina».

Sui media, l’editore italiano ha declinato la responsabilità delle frasi, attribuibili all’autrice originale del libro. Tuttavia, i redattori dell’antologia hanno compiuto una scelta e hanno scelto – tra tutte le scelte possibili – proprio questo passo.
Diffondere tramite un’antologia una frase come “Non si offende mai quando la prendiamo in giro” sembra proporre un comportamento collettivo di scherno, da una parte, e di accettazione passiva, dall’altra parte, nella scuola che invece per antonomasia è luogo di incontro, crescita e inclusione.

Un libro di testo – proprio per il suo ruolo educativo – non solo dovrebbe evitare discriminazioni esplicite, ma anche essere in grado di rappresentare la società che vogliamo costruire attraverso narrazioni più inclusive, che non usino la differenza come elemento di esclusione, ancorché giocosa e leggera.

La nostra domanda all’editore è: siete disposti a cogliere questa sensibilità nei confronti di tutti i bambini e delle loro famiglie?
Forse questa vicenda può diventare l’occasione per compiere un importante passo per la costruzione di una società più inclusiva, che è quella che sogniamo per i nostri figli.