L’Italia ce la farà, cinque anni «di crisi durissima» e di «un disagio sociale terribile» – con conseguenze feroci per mezzo paese, come i dati della disoccupazione e dell’impoverimento raccontano ogni giorno – sono alle spalle, così come le «turbolenze» dovute ai «fattori esterni» – leggasi la vicenda Berlusconi -, insomma ora l’Italia sarebbe in carreggiata: «L’anno prossimo commenteremo dati economici positivi» e entro maggio «convinceremo i tanti San Tommaso» che nel paese si apre «una prospettiva positiva».

Alla conferenza di fine anno Enrico Letta sfodera tutto il suo polso comunicativo per infondere ottimismo. Ma è difficile credere che lo nutra lui stesso, politico esperto e realista che infatti non nega una «tensione politica al massimo». Nel 2013 l’Italia «che stava sbandando » è stata salvata da Napolitano, «punto di riferimento essenziale». Il 2014, assicura, sarà un anno cruciale di riforme, il programma è in sostanza lo stesso quello del primo giorno di governo. A partire dalla legge elettorale che il premier prevede entro le europee del 24 maggio: e cioè a finestra elettorale di primavera chiusa e sbarrata. Sarà tutto scritto nel nuovo patto di gennaio – l’ennesimo -, Renzi chiederà al Pd di votarlo e poi ne rivendicherà i risultati, se arriveranno. In cambio il segretario aspetterà con pazienza il 2015 per tentare la strada di Palazzo Chigi.

La fatidica «stabilità» sta tutta qui. È fragile ed esposta alle intemperie del palazzo e alle intemperanze del paese reale. Ma Letta giura di crederci. Il pezzo forte del suo ragionamento è la «svolta generazionale»: la rottamazione ha vinto non solo alle primarie del Pd ma nell’immaginario della politica. E così il premier rivendica al governo di far parte «di una generazione di quarantenni» che «non può fallire». «Dimostreremo che la nuova generazione sarà in grado di vivere in modo diverso la capacità di fare gioco di squadra».
L’allusione è a Matteo Renzi. Che a Firenze in contemporanea – sarà anche un «gioco di squadra» ma è a due punte e oggi Renzi tenta di impallare Letta sui media – convoca la sua conferenza di fine anno dove parla «only about Florence», solo di Firenze. Ammesso che riguardi solo i fiorentini il fatto che l’aspirante premier si ricandidi a fare il primo cittadino «per cinque anni». Anche sul futuro del paese Renzi ha meno certezze: «Quello che accadrà nelle prossime settimane, nei prossimi mesi e anni in Italia è difficile da capire».

Il «gioco di squadra» Letta-Renzi è quindi una storia tutta da scrivere, se ce ne sarà davvero il tempo. Palazzo Chigi ha apprezzato il job act del segretario Pd – non così il viceministro Stefano Fassina – ma sul punto Letta si tiene sulle generali: «Per creare lavoro ci devono essere le condizioni minime per cui la gente ha fiducia per poter investire», e qui rivendica gli obiettivi futuri – quindi anche qui, parole – del pacchetto di vendite e privatizzazioni «Destinazione Italia».

Serve «buona occupazione» e «con diritti», dice, a occhio non è quella che indica Renzi senza articolo 18 per i nuovi assunti. Il premier promette «un meccanismo automatico di riduzione delle tasse sul lavoro con i proventi da spending review e lotta all’evasione fiscale», e l’introduzione del MitBestimmung tedesco, meccanismo per coinvolgere i lavoratori nell’impresa – si inizia dalle Poste – che fin qui ha convinto poco i sindacati, verso i quali Renzi ha iniziato un’opera di maltrattamento preventivo che Letta non ridimensiona. Quanto alla riforma Fornero sulle pensioni, Renzi non la toccherebbe e Letta non la toccherà: «In 8 mesi 33mila persone che stavano nella categoria degli esodati hanno trovato risposta. È la dimostrazione di un governo che non vuole sfasciare la riforma ma non vuole lasciare nessuno perso per strada».

Tutto il resto sono promesse, i San Tommasi non hanno ancora motivo di ricredersi. Sulla giustizia, «amnistia e indulto sono competenze esclusive delle Camere», si ridiscuterà la legge Bossi-Fini sull’immigrazione e il governo farà « una revisione degli standard dei Cie» unendo «la fondamentale difesa dei diritti umani con la sicurezza dei cittadini». Sembra l’annuncio di una missione impossibile: tenere insieme le esigenze propagandistiche della destra di Alfano con l’orrore della vita quotidiana nei centri. Si farà – dice ancora Letta – persino una legge sul conflitto di interesse: sbianchettata dalle larghe intese dall’era Monti, miracolosamente torna in agenda. Dopo vent’anni anni di attesa, sarebbe un bel colpo per Letta, che non ha «alcun dubbio» che entrerà nel patto di governo, già venerdì «sarà approvato dai ministri una proroga sulle questioni relative agli incroci di proprietà».

Letta e Renzi faranno squadra, dunque, ma intanto litigano per chi va in gol. Letta: «Non sospetto che Renzi voglia subito elezioni». E questo gioco di squadra, «se ci sarà, e sono convinto che ci sarà, come in queste prime due settimane ha dimostrato di esserci, dimostrerà tutti i suoi effetti positivi non solo la prossima settimana ma in futuro. Se sarà una delle cose più importanti che renderà il Pd un partito in grado di vivere non solo in questi mesi ma molto a lungo». Palla al centro.