Il Movimento 5 stelle sta alla finestra e aspetta. Aspetta di vedere cosa succederà quando il premier si presenterà in parlamento a chiedere la fiducia. «Gli italiani devono sapere chi voterà per la fiducia a Letta e chi no. Io voglio vedere nel Pd e nel Pdl chi vuole mandare a casa questo governo e chi invece vuole salvarsi la poltrona», scrive su Facebook il vicepresidente della Camera Luigi Di Maio, ansioso di andare al voto.
Ieri i parlamentari di Grillo hanno presentato un documento in cui rivendicano il diritto a formare un governo. «Ci hanno detto che siamo inadeguati. La verità è che solo noi potremmo rimettere in piedi un Paese oggi sulle ginocchia» scrivono, definendo «insostenibile il ricatto del Pdl al governo del debito». E giù l’elenco delle cose che avrebbero fatto se in questi sette mesi a governare l’Italia ci fossero stati loro: dalla legge elettorale al taglio dei rimborsi ai partiti, dalla legge anticorruzione al taglio delle tasse sul lavoro, al reddito di cittadinanza. L’unica cosa che non spiegano è con quali voti il M5S avrebbe fatto passare le sue proposte visto che gli ultimi sondaggi, per quanto in risalita rispetto alle scorse settimane, attestano il movimento al 22,4% (Ixé per Agorà). Risultato più che buono, ma del tutto insufficiente per governare da soli, come molti pentastellati sognano.
Senza contare che nel M5S non tutti sono d’accordo ad andare a votare con il porcellum, come invece vorrebbe Grillo. E che in caso di ricerca di nuove maggioranze possibili qualcuno potrebbe non seguire gli aut aut del Capo. Basta sentire cosa dice Louis Alberto Orellana. Poche settimane fa il senatore è finito nel mirino di Grillo perché considerato un «aperturista». Ieri è tornato alla carica: «Non possiamo tornare a votare con questa legge elettorale», ha detto. E a chi gli chiedeva se voterebbe la fiducia a un Letta bis in dissenso con il suo gruppo, ha risposto: «Se il gruppo tradisce il mandato elettorale, uno non può seguire il gruppo. Una nuova legge elettorale è tra i venti punti che abbiamo giurato di realizzare». Quasi lo stesso concetto lo esprime anche il senatore Francesco Campanella. In risposta a un post che su Facebook gli ricorda che deve «fare quello che ti impone la premiata ditta», il senatore replica: «Io devo fare quello che la mia intelligenza e la mia dignità mi spingono a fare nel rispetto dell’impegno che ho preso con tutti i miei elettori».