Fermo restano il principio della «non ingerenza», in casa Pd si tira un sospiro di sollievo per come si stanno mettendo le cose dalle parti dell’alleato M5S: «Noi ci auguriamo che non si dividano e si rafforzino», dice il coordinatore dei sindaci Matteo Ricci. «L’asse tra noi continua e resta solido», rincara Francesco Boccia. «Siamo già al lavoro per le prossime amministrative, la coalizione che ha vinto quelle dello scorso ottobre cercherà di vincere ancora».

Chi ha parlato con Enrico Letta lo descrive convinto a confermare lo schema di «campo largo» che comprende M5S e sinistra e si apre a possibili interlocuzioni al centro. «Ma noi siamo figli dell’Ulivo di Prodi, che è stato sempre contrapposto al centrodestra di Berlusconi. Dunque Forza Italia resta un avversario», il messaggio che dal Nazareno arriva a quanti (come il sindaco di Bergamo Giorgio Gori) evocano possibili intese future con Fi sul “modello Ursula”. «Si tratta di posizioni legittime ma minoritarie», spiegano i fedelissimi del leader.

Meno che mai viene presa in considerazione l’ipotesi di proporre agli elettori un nuovo governo Draghi. Ai vertici del Pd la risposta del premier, che ieri si è chiamato fuori da ipotesi centriste che puntano a lasciarlo a palazzo Chigi anche dopo il 2023, è piaciuta molto. «Il governo di larghe intese è un’eccezione, non la normalità. Noi vogliamo andare al voto con una schema sinistra contro destra», il ragionamento che viene fatto ai piani alti del Pd. «Penso che Draghi sia una grande risorsa per la Repubblica e che faccia bene ad avere questo atteggiamento. E noi partiti dovremmo lavorare a una nostra proposta politica, lasciandolo lavorare», sintetizza Ricci.

Questo vale per le prossime politiche e anche per le comunali di primavera che vedranno al voto 25 capoluoghi di provincia (tra cui Genova, Verona e Palermo): «Il nostro elettorato e quello del movimento si percepiscono già nello stesso campo», spiegano al Nazareno. «Per i nostri elettori l’alleanza con 5S è scontata e anche tra i loro chi aveva simpatie di destra se n’è già andato verso le forze sovraniste». L’idea di abbandonare i 5 stelle non trova grandi consensi neppure tra gli ex renziani: «Al sud loro continuano ad avere una base di consenso, bisogna essere cauti quando si pensa di spostare le nostre alleanze al centro», dice il coordinatore di Base riformista Alessandro Alfieri.

Quanto ai movimenti siciliani, con il segretario dem Anthony Barbagallo che ha incontrato il forzista Gianfranco Miccichè, dal Nazareno tirano secchiate di ghiaccio: «Non c’è nessun accordo, e qualunque ipotesi locale passerà al vaglio del nazionale». Freno a mano tirato. Anche se ieri Letta ha visto Matteo Renzi proprio per parlare di amministrative. E non è un mistero che il capo di IV sia già molto avanti nelle intese con Forza Italia alla regione Sicilia. Fonti dem dicono che i due rivali avrebbero parlato di Toscana, dove si voterà nei Comuni di Lucca e Pistoia. Di sicuro non della crociata anti pm dell’ex rottamatore, tema da cui il piddino vuole tenersi a debita distanza.

Più in generale la partita del Colle li ha avvicinati e Letta ritiene che Renzi sia «recuperabile», ma non a tutti i costi, alla causa del campo progressista. «Deve decidere lui in che campo giocare», taglia corto Boccia. Sicuramente recuperabile è Calenda. Più in là non si va. Anche perché bisogna prima vedere se si muoverà qualcosa sulla legge elettorale, obiettivo che per il segretario dem resta «difficile». Al pressing dei tanti che spingono per il proporzionale, lui replica senza mettere veti, evocando come punto di caduta un sistema tedesco con sbarramento al 5% o un proporzionale con premio di maggioranza che, se il Pd arrivasse primo, potrebbe consentirgli la regia nella formazione del nuovo governo post elezioni.

Ma, visto che questa prospettiva resta tortuosa, Letta si prepara a correre col Rosatellum, e quindi con una coalizione già pronta ai nastri di partenza. Di qui gli incontri dei giorni scorsi con Verdi e Sinistra italiana. Il programma sarà la base delle possibili alleanze, e Letta vuole spingere sui diritti civili (ius soli e legge Zan) e su una riforma del fisco di sinistra a favore dei giovani e dei ceti più deboli. Temi che allontanano qualunque ipotesi di intesa con Forza Italia. Almeno prima delle elezioni.