Stavolta non usa il consueto stile felpato. Stavolta Enrico Letta ha parlato chiaro e lo ha fatto sulla stampa internazionale per evitare che le sue parole vengano rubricate alla voce polemica del cortile di casa, e alla voglia di rivalsa sull’attuale presidente del consiglio che un anno fa lo ha defenestrato da Palazzo Chigi. A Les Echos, il principale giornale economico francese, l’ex presidente – che presto lascerà la camera per dirigere la «Science Po», la scuola di affari internazionali dell’università di Parigi – spiega che «si deve andare verso un dispositivo del tipo Mare Nostrum in scala europea, Triton dispone di un terzo dei mezzi». E cita il «bellissimo editoriale» di Romano Prodi che ieri sul Messaggero sosteneva la stessa proposta.

Il tandem Letta-Prodi farà la felicità del Giornale, che da giorni sostiene che i due abbiano un piano per far cadere Renzi. Ma si capisce che i due ex premier, ulivisti non pentiti e a Palazzo Chigi insieme (uno da presidente, l’altro da sottosegretario) fra il 2006 e il 2008, concordino sulle politiche degli aiuti umanitari. Né è la prima volta che Letta rivendica la ’sua’ missione. Per difendere Mare Nostrum – l’operazione della Marina Militare italiana e dall’Aeronautica attiva dall’ottobre 2013 poi chiusa dal governo Renzi e sostituita con il programma Triton – Letta aveva per la prima volta rotto la consegna del silenzio che si era dato dopo le dimissioni. All’indomani di una tragedia del mare nel canale di Sicilia, quella del 9 febbraio scorso, aveva twittato: «Ripristinare Mare Nostrum. Che gli altri paesi europei lo vogliano oppure no. Che faccia perdere voti oppure no». Renzi quella volta gli aveva indirettamente risposto con fastidio: «Il problema non è Mare Nostrum o Triton, si può chiedere all’Europa di fare di più e lo farò. Il punto politico è risolvere il problema in Libia, dove la situazione è fuori controllo».

Ieri Letta ha parlato anche dal Financial Times, ancora del salvataggio dei profughi in mare, alla vigilia del Consiglio europeo straordinario chiesto dall’Italia dopo il naufragio dei migranti nel canale di Sicilia di domenica scorsa. «Spero che non siano solo chiacchiere», ha detto, «perché dopo Lampedusa furono solo chiacchiere. Riuscimmo a convincere i leader europei a far passare da due parole e quattro paragrafi la parte riservata a migranti nel comunicato, ma alla fine il peso rimase tutto sulle spalle dell’Italia». Si riferisce al summit dell’ottobre del 2013 dopo la morte di 366 rifugiati a largo di Lampedusa. Di lì a poco, da premier, varò la missione umanitaria, «uno dei lasciti più significativi del suo breve mandato», è la chiosa del Ft.

A Mare Nostrum è dedicato anche un ampio capitolo del suo libro appena uscito (Andare insieme, andare lontano, Mondadori). Non un tema fra gli altri. Letta sa bene che Triton è un tallone d’Achille delle politiche di Renzi. E che in Italia in molti sono d’accordo con lui. Protagonisti di peso: il presidente della Repubblica Sergio Mattarella, per esempio, che spiegò di essere «dono orgoglioso di Mare Nostrum, ha salvato molte vite». Ieri si è aggiunto monsignor Giancarlo Perego direttore della Fondazione Migrantes che, replicando alle parole di Alfano, ha ricordato che Mare Nostrum univa «il contrasto dei trafficanti» senza dimenticare «che ci sono vite da salvare». La critica dell’ex presidente nei confronti del suo successore è in realtà ormai aperta e a tutto campo. Su Radio24, rispondendo alle domande di Giovanni Minoli, ha spiegato che se «Renzi racconta un Paese che non c’è» lui invece vuole «dare un contributo perché non sia un tempo in cui la percezione conta più della realtà. Non aiuta a stare meglio, è metadone». Ad alcuni renziani sono saltati i nervi. Renzi, per ora, non risponde.