Francamente e cordialmente divisi su tutto. O quasi. E non solo su quella amarissima staffetta a palazzo Chigi del 2014, ma anche e soprattutto sul futuro. Dopo sette anni ieri Enrico Letta e Matteo Renzi si sono rivisti. Il leader di Iv è arrivato dopo che il segretario del Pd aveva incontrato l’universo mondo, compresi il verde Bonelli, le sardine, le mille sigle della sinistra. L’ha ricevuto non al Nazareno, ma alla sede dell’Arel, il centro studi da lui ereditato da Nino Andreatta: 40 minuti di faccia a faccia, nella stessa sala dove aveva visto Conte.

CHIACCHIERE SUI FIGLI che allora erano bambini e adesso sono adolescenti, ne hanno tre a testa, per sciogliere la spessissima lastra di ghiaccio. Comune lo sforzo per sostenere Mario Draghi, con Renzi che si sente il kingmaker del governo, e Letta che vanta un rapporto assai più solido col premier. Il fiorentino riconosce al rivale di «aver fatto cambiare posizione al Pd su questo governo» rispetto all’era Zingaretti. E ancora, ospite dell’Aria che Tira su la 7 subito dopo il faccia a faccia: «Enrico ha una postura diversa, il suo Pd non è subalterno al M5S».

E tuttavia la (scarse) chance di ritrovarsi sulla stessa barricata alle prossime elezioni evaporano quando i due parlano dei grillini. Letta vuole una alleanza di centrosinistra allargata al Movimento, Renzi li paragona a Salvini e Meloni: «Non mi posso alleare né con le destre né coi populisti». Un ostacolo che dalle parti del Nazareno viene definito «un macigno». Letta infatti vuole costruire una coalizione che «possa vincere le politiche», dunque il rapporto con Conte è imprescindibile. E i sonaggi sul tandem composto da Letta e dall’avvocato confermano che la strada è quella giusta.

TOCCHERÀ A RENZI, dopo questo primo incontro (che non viene considerato un disgelo) fare eventualmente dei passi per ricostruire un rapporto di fiducia, non solo con Letta ma con Conte e il M5S. Altrimenti, ognuno per la sua strada.

Per Letta non sarebbe un grosso problema, visto l’irrisorio contributo che Italia Viva può portare alla coalizione. E l’immenso potenziale di disturbo che Renzi è in grado di inserire. «Siamo due persone diverse, su alcune cose siamo d’accordo e su altre no», taglia corto Enrico. Mentre è Matteo – al di là della cortina fumogena – a non chiudere definitivamente la porta a una alleanza, anche se con dentro il M5S di Conte.

DI CERTO, ASSICURANO I DUE, non ci saranno ruggini personali a ostacolare una possibile alleanza. «Io metto da parte le considerazioni di tipo personale», dice il leader Pd in serata da Floris. «Sul famoso “stai sereno” ognuno resta della sua opinione», spiega Renzi. «Ma oggi non c’è nessun elemento di tipo personale che ci impedisca di parlare del futuro».

Appena se ne accenna, come è successo ieri, le distanze sono subito enormi. Renzi sfida Letta sul tema della parità di genere, e lancia la sua candidata Isabella Conti (sindaca di San Lazzaro) per la corsa d’autunno al comune di Bologna. «Dovremmo chiederle insieme di correre da sindaco. Enrico non può candidare solo uomini..».

Peccato che il Pd a Bologna abbia già ben due candidati in pista. A parte Giuseppe Sala a Milano, sostenuto da entrambi, sarà difficile vedere alleanze tra Pd e Iv alle comunali. Non a Napoli se dovesse correre Roberto Fico. Neppure a Torino se andasse in porto il patto con il M5S. Mentre a Roma, in caso di divorzio tra Pd e Calenda, IV sosterrebbe il secondo.

CHIUSO IL DOSSIER, il leader Pd si concentra sui veri alleati. E propone a Conte lo schema usato da Berlusconi e Salvini nel 2018: «La leadership toccherà a chi prende più voti». Un modello certamente utile se resterà il Rosatellum, o se si andrà sul proporzionale. Con un sistema maggioritario invece, come ai tempi delle sfide tra Prodi e il Cavaliere, probabilmente un leader della coalizione andrà trovato prima del voto. Con le primarie? Al Nazareno non le escludono affatto: «Quello che conta è che il leader sia scelto dai cittadini».

Letta intanto tiene alte le bandiere dei diritti. «Non le ammainiamo. La legge Zan contro l’omofobia rischia di spaccare la maggioranza? «Questa legge e lo ius soli sono norme che portano nel futuro e ci tolgono dal Medioevo». Quanto a Salvini, «noi ci carichiamo la responsabilità del governo, lui sembra starci solo per i fondi del Recovery…».