Davanti alla stampa estera che lo interroga per quasi due ore, Enrico Letta spiega il senso del suo mandato: «Non sono un commissario del Pd per renderlo con la testa chinata nei confronti del governo Draghi. Sono qui per preparare l’alleanza del centrosinistra guidata dal Pd per vincere le elezioni del 2023».

UNA FRASE MIRATA a scrollarsi di dosso l’etichetta del secondo commissario, dopo quello di palazzo Chigi. E a dare un cuore tutto politico a una sfida che, come ha spiegato, «è quella di proporre alle prossime politiche lo scontro tra due campi: uno di Salvini e Meloni e uno del centrosinistra in asse con il M5S di Conte».

Senza mai sbilanciarsi troppo a sinistra Letta, citando i premier di Spagna e Portogallo, fa autocritica su una sua vecchia frase sulla «fine della socialdemocrazia». «Sono cambiato, ho meno steccati ideologici». Segue l’elogio alle scelte del ministro del Lavoro Andrea Orlando sul fronte delle protezioni per i lavoratori e della povertà.

UNO DEGLI OBIETTIVI del neo segretario dem è ribadire la distanza dalla Lega che «dobbiamo sfidare sui territori, nei piccoli centri, fuori dalle ztl delle grandi città». «Con loro la coabitazione al governo è molto difficile, ma non siamo noi a dover spiegare il sostegno a un governo europeista come quello di Draghi. È Salvini che ha cambiato rotta, come se il Papa dicesse che Dio non esiste ma si continua a andare a messa come prima..».

Diverso il caso di Forza Italia: «Il ministro Brunetta sta facendo cose buone, quel partito non è come la Lega, le cose stanno cambiando, non dobbiamo fermarci agli schemi».

Sul tema dello ius soli insiste: «È giusto che tanti ragazzi nati in Italia e che hanno sempre vissuto qui abbiano la cittadinanza. È anche un modo per rispondere al drastico calo delle nascite. La destra confonde questo tema con gli sbarchi, ma non c’entra niente». E ancora: «Che sia ius soli o ius culturae si può ragionare, purché si arrivi a un risultato, sono flessibile sugli strumenti».

LETTA ANNUNCIA CHE incontrerà Salvini e Giorgia Meloni, ma in primo luogo vedrà Giuseppe Conte e Roberto Speranza. «Con Roberto sarà facile trovare una sintonia…». Un punto su cui interviene anche Pier Luigi Bersani, ospite ieri di Otto e Mezzo. L’ex leader ha gli occhi lucidi quando gli mostrano le immagini dell’abbraccio con letta dopo la malattia del 2014: «Se bastasse a risolvere i problemi entrerei domani nel Pd, ma serve una cosa nuova, non possiamo fare accordi tra vertici di partiti e partitini dal notaio».

«Dobbiamo organizzare un percorso», dice Bersani, «una discussione aperta anche a chi è fuori dai partiti su un progetto per l’Italia, gli esiti politici si vedono in fondo, non mettiamo il carro davanti ai buoi». Bersani chiede dunque «all’amico Enrico» una scossa «potente», «con questa offerta politica il centrosinistra è minoranza in Italia, ma potenzialmente potrebbe avere la maggioranza».

TRA GLI INCONTRI del segretario dem ce ne sarà uno anche con il nemico Matteo Renzi: «È a capo di un partito con cui vogliamo dialogare, da parte mia ci sarà correttezza». Ma una stoccata gliela riserva sull’affare Arabia saudita: «Ho chiuso con tutte le altre mie attività perché credo sia fondamentale che chi è in politica attiva non abbia proventi da attività professionali extra, per non avere conflitti di interesse». Sui renziani rimasti in casa, una la mano leggera: «Renzi non ha alcun peso nel Pd, siamo tutti democratici, i renziani sono categorie del passato».

IL LEADER PD SPIEGA di avere «molto filo da tessere». «Ho la capacità per tenere insieme il Pd ma anche un campo largo e articolato». «Durerà più degli altri segretari?», chiedono i giornalisti stranieri. E lui: «Penso di sì, perché questa è l’ultima chance per il partito». Letta spiega di aver incontrato molti giovani italiani all’estero: «Facevo fatica a trovare le risposte ai tanti che mi chiedevano perché sarebbero dovuti rientrare in Italia. Ecco, sono tornato per loro, per trovare quelle risposte».

Racconta di «aver pianto fino alla lacrime» al momento di lasciare Parigi: «Sono tornato per i giovani che non meritano un paese che neppure li ascolta. Posso fallire, e sarebbe la seconda volta nella mia vita politica».