Nessun entusiasmo, molta preoccupazione e tante critiche nei confronti della “staffetta” decisa nelle stanze del potere, oltre a numerosi sospetti sulla personalità di Renzi. La stampa estera guarda all’ultimo episodio della politica italiana senza concessioni, già nostalgica (soprattutto in Europa) della relativa “stabilità” del breve momento di Letta, inquieta sull’incognita Renzi. L’International New York Times racconta le “dimissioni” del primo ministro “dopo una rivolta di partito” e scrive che Matteo Renzi ha una “reputazione di sfrontatezza”: il quotidiano sottolinea che “per l’Europa, che sta vivendo una crescente collera populista prima delle elezioni europee, i marasmi dell’economia italiana e le giravolte politiche sono fonte di persistente preoccupazione”. Il Wall Street Journal parla addirittura di “ammutinamento di partito”, di “insurrezione” nello “sclerotico sistema politico italiano”. L’argentino Clarin usa il termine “ferocia” per descrivere la lotta di potere interna al Pd. The Economist dà dell’ “ambizioso” Renzi una versione “ottimista” (l’energia) accanto a una “pessimista” (inesperto, scelto per l’appeal elettorale, troppa fretta, in sella in condizioni simili a quelle di Letta e con il tallone di Achille di arrivare senza le elezioni) e mette in guardia per il futuro, ricordando un esempio britannico, il caso di Gordon Brown che sette anni fa ha preso il posto di Tony Blair dopo essere stato eletto alla testa del Labour: “gli elettori poi si vendicano”, avverte. Per il Financial Times Letta è stato “licenziato” dal giovane “rottamatore” che “manca di legittimazione popolare” attraverso le elezioni, con “intrighi politici che stanno dietro la formazione del governo in Italia”, paragonati in un commento al contenuto delle salsicce “che se si sapesse cosa hanno dentro nessuno le mangerebbe”. A sottolineare un “cambiamento di potere senza elezioni” è anche Der Spiegel, che definisce un “putsch”, il risultato di “una lotta per il potere” lo sbarco dell’ “emergente” e “rottamatore” Renzi. Molti giornali tedeschi si limitano pero’ a guardare con un sospiro di sollievo le reazioni della Borsa (è il caso della Frankfurter Allgemeine Zeitung), mentre la Tageszeitung scherza sui troppi avvicendamenti a Palazzo Chigi: “il prossimo, prego!” e sottolinea lo “scetticismo” che circonda l’”assalitore” (ma Verfolger vuol anche dire “persecutore”) Renzi.

Tra i più feroci c’è El Pais, in un articolo da Bruxelles, che sottolinea come già “l’ex cantante di crociere Berlusconi” aveva promesso riforme alla Ue e poi, “passata la paura, non ha fatto niente”, seguito da Monti e Letta, che non sono riusciti a togliere l’Italia dal “marasma”, malgrado fossero due “pata negra” di Bruxelles, cioè due campioni “genuini” scelti dalla Ue (ma in Cile l’espressione rimanda anche all’amante della moglie…). Per El Pais, “la sinistra italiana si è suicidata giovedi’ con Matteo Renzi che ha spinto Letta nel precipizio”, sventolando la “riforma: parola magica, promessa mille volte”. El Pais sottolinea che Bruxelles “teme che il caos politico italiano rispolveri la crisi europea che i più ottimisti davano per vinta”. Il quotidiano spagnolo definisce l’assalto di Renzi una “zampata”.

Le Monde, che già aveva dedicato ieri l’intera pagina 2 alla crisi italiana (cadendo nel cliché del paese che ha altrettante parole per i tipi di pasta di quante ne abbia per definire le crisi politiche), ritorna oggi sul caso: “conciso, chirurgico e persino crudele, Matteo Renzi non ha lasciato nessuna possibilità al suo rivale” alla direzione del Pd. “Un modo educato per dirgli: tu dégages” (togliti di mezzo), che mostra lo stile dell’ “uomo che ha fretta”. Libération sottolinea “l’elettrochoc della sinistra” italiana, con Renzi che “non avrà resistito più di tre mesi alla tentazione” di far fuori Letta e mettersi al suo posto, “un opportunista pronto a rinnegare l’impegno di fare politica diversamente”, perché troppo “impaziente”. Si tratta di un “Berlusconi light” si chiede il Nouvel Observateur. Come ha commentato ieri il Pcf a nome della sinistra europea del Parlamento europeo, in Italia “il direttore d’orchestra cambia, ma la musica resta la stessa”.