La discesa in campo di Silvio Berlusconi ha l’effetto, piuttosto insolito di questi tempi, di ricostruire gli schieramenti e ristabilire linee di demarcazione in vista della partita del Quirinale.

QUANDO IL VERTICE del centrodestra era ancora in corso, ad esempio, Giuseppe Conte auspicava ancora la possibilità che da quelle parti si optasse per un nome condiviso. In seguito, Conte accoglie la decisione presa a Villa Grande con un tweet: «Per noi un’opzione irricevibile e improponibile. Il centrodestra non blocchi l’Italia». L’aggettivo «irricevibile» viene rilanciato da tutti i 5 Stelle e ripreso da Loredana De Petris e Federico Fornaro di Leu. È la definizione che il leader 5S ha utilizzato il giorno prima, all’assemblea congiunta dei grandi elettori grillini che gli ha riconosciuto il pieno mandato a trattare per il Colle.

ANCHE ENRICO LETTA critica la scelta di puntare su Berlusconi. «Bisogna avere un approccio costruttivo, metterci tutti attorno a un tavolo per trovare una soluzione condivisa», dice il segretario del partito democratico. Le parole dei due leader alludono allo schema che proprio Conte ha illustrato ai parlamentari nelle ore precedenti. Nel M5S più che nel Pd si dice che bisogna preservare governo (e legislatura) e si considera un «salto nel buio» la possibilità accarezzata da alcuni (in primis proprio dai due Matteo, Renzi e Salvini) di portare Draghi al Colle e sostituire il suo governo con un esecutivo propriamente politico, magari imbarcando i leader. Ma è troppo macchinosa, è la valutazione, la procedura di riorganizzazione dei ministeri e della squadra di governo. Per questo Conte e i suoi insistono da giorni, al contrario, sulla necessità di «non perdere tempo. Ecco perché Conte aveva rivendicato, parlando ai suoi, di avere aperto un canale di comunicazione con il centrodestra e ancora ieri ha detto che l’ostinazione su Berlusconi ha l’effetto collaterale di «rallentare le trattative in corso». Quelle che per Letta, appunto, dovevano approdare a una «soluzione condivisa». Anche se Matteo Renzi non abbandona del tutto la possibilità che le reti diplomatiche siano saltate. «Oggi si fa solo melina, si decide tra mercoledì e giovedì», dice il leader di Italia Viva. Per Nicola Fratoianni di Sinistra italiana, invece, la scelta di candidare il Cavaliere non è da considerare anomala: «La destra che propone Berlusconi non è divisiva – afferma Fratoianni – È la destra. E la destra italiana non ama la Costituzione»

RIUNIONI, VERTICI e incontri bilaterali riempiono l’agenda delle prossime giornate. Già questa mattina il Partito democratico riunisce in diretta streaming la propria direzione e i gruppi parlamentari per fare il punto. «Bisogna fare di tutto per arrivare al 24 gennaio in un clima di concordia istituzionale – dice il senatore Andrea Marcucci – Un anno fa molte forze politiche hanno varato insieme un governo di emergenza, nello stesso modo ora possiamo votare un presidente della Repubblica». Tra oggi e lunedì prossimo Giuseppe Conte avrebbe dovuto parlare di di nuovo con Matteo Salvini. «Se il centrodestra dovesse indicare un candidato votabile, con un profilo istituzionale, che non sia Berlusconi – dicono dal M5S – In nome della stabilità, non negheremmo i nostri voti».

I 5 STELLE considerano anche l’eventualità che ci sia una quota considerata ormai fisiologica di franchi tiratori, una minoranza che non influenzerà il risultato e che, dicono i contiani, non intaccherà l’autorevolezza della leadership. Il presidente grillino punta a usare il voto per il Quirinale come momento di svolta della sua conquista del M5S. Ne approfitterà per dare un’accelerata alla riorganizzazione e per regolare i conti con quelli che la intralciano. Giovedì sera, in congiunta, non c’era Luigi Di Maio. Ufficialmente perché impegnato in Francia, in missione ministeriale. Ma alcuni fanno notare che se avesse voluto anche solo dare un cenno di presenza, avrebbe potuto collegarsi da remoto come tutti gli altri. L’assenza del ministro degli esteri nel giorno della fiducia a Conte, insomma, viene considerata non casuale. Anche questo nodo potrebbe arrivare al pettine del voto per il Quirinale. Ma prima bisogna affrontare il fantasma dell’eterno ritorno di Silvio Berlusconi.