Stretto tra conti economici sempre più difficili e l’infinita questione Berlusconi, il premier Enrico Letta ieri ha tentato di rassicurare ancora una volta l’Europa (e l’opinione pubblica italiana) sulla tenuta del bilancio e su quella del suo governo. L’allarme era stato lanciato due giorni fa dalla Bce, che, conti alla mano, aveva visto a rischio l’obiettivo del 3% di deficit su cui l’Italia si è impegnata (quest’anno l’esecutivo intende chiudere al 2,9%): a causa dei rimborsi della pubblica amministrazione, e dei soldi necessari per la riforma dell’Imu e il rinvio dell’aumento dell’Iva, avevano spiegato gli economisti di Francoforte.

«Non sforeremo il 3% nel rapporto tra deficit e prodotto interno lordo», ha tagliato corto Letta, cercando di diffondere ottimismo. L’Europa è ancora disponibile a concederci credito, ma ieri il commissario agli Affari economici, Olli Rehn, ha detto che il sentiero è stretto e che si dovrà lavorare per restare nei parametri assegnati: «L’Italia – ha spiegato Rehn – ha avuto alcune turbolenze politiche, ma ora si concentri sulle riforme economiche: per il ritorno alla ripresa infatti è essenziale la stabilità politica».

Entrando all’Ecofin al via in Lituania, il commissario Ue ha aggiunto che «gli ultimi dati economici dell’Italia non sono buoni». «Il premier Letta e il ministro Saccomanni – ha comunque spiegato subito dopo – hanno ribadito più volte l’impegno a rispettare gli obiettivi di bilancio e a mantenere il deficit sotto il 3%, e abbiamo fiducia che il governo rispetti la parola perché è essenziale per il ritorno alla crescita». Insomma, la Ue tiene sempre gli occhi puntati su di noi.

Gli ultimi dati a cui si riferisce Rehn sono certamente quelli arrivati di recente, che confermano un’Italia ancora in recessione, mentre il resto dell’Europa, più o meno a fatica, è ripartito (dall’Ocse all’Eurostat, tutti concordi). Ma ieri sono arrivate anche le cifre sull’occupazione, che confermano indicatori peggiori rispetto al resto d’Europa: Eurostat ha registrato un calo dello 0,1% nell’eurozona nel secondo trimestre 2013 su quello precedente (-1% invece rispetto al secondo trimestre 2012). In Italia il tasso è sceso dello 0,3% (dopo il -1,2% dei primi tre mesi del 2013), ed è diminuito del 2,2% in confronto al secondo trimestre del 2012. Nei 27 l’occupazione è rimasta stabile, mentre è calata dello 0,4% rispetto a un anno prima.

Una raccomandazione è arrivata anche dal presidente dell’Eurogruppo, Jeroen Dijsselbloem: «Per l’Italia la cosa più importante è la stabilità politica». Il presidente ha annunciato un Eurogruppo straordinario il 22 novembre per discutere le prime valutazioni della Commissione Ue sulle leggi di stabilità che i Paesi della zona euro devono inviare entro metà ottobre.

Letta comunque vuol dare l’idea di non deconcentrarsi: «Ci attendono mesi molto importanti – ha detto – Per la credibilità e la serietà del nostro paese manterremo gli impegni rispetto ai debiti, ma ci vuole serietà: non dobbiamo sembrare un paese sempre sull’orlo di un vulcano in ebollizione». Poi, sul deficit: «Ci sono tutte le condizioni perché l’Italia non sfori il tetto. Il tema è legato a una questione: mantenere stabilità, e questo significa che i tassi scendono, che lo spread si abbassa, che il costo del debito è più basso e che stiamo dentro i parametri. Se viceversa c’è instabilità vuol dire che dovremo tenere conto della situazione diversa».
E a proposito di spread, ieri c’è stata una nuova fiammata, fino a 260 punti: e il nostro differenziale resta meno appetibile di quello spagnolo, fermo sui 250.

Anche il ministro dell’Economia, Fabrizio Saccomanni, cerca di rassicurare: «Non è in discussione l’obiettivo di stare sotto il 3% – ha detto – Faremo di tutto per rispettare questo impegno, come dice un mio illustre amico: credetemi, sarà sufficiente». Poi Saccomanni ha risposto alle preoccupazioni dei suoi colleghi dell’Ecofin sull’Imu: «C’è la tendenza superficiale a dire “non avete rispettato l’indicazione di tassare gli immobili” – nota il ministro – Ma io ho spiegato che ci sarà la Service tax».