Siamo convinti che la politica sia una dimensione nobile dell’esistenza; che i partiti politici siano uno strumento indispensabile, senza i quali non vi può essere democrazia, come a suo tempo ci ha insegnato Kelsen.
Eppure, in quanto contemporanei, dobbiamo sapere come e quanto da essa ci siamo allontanati, anche in occasione della scadenza elettorale, inquinata da una legge che, con ogni probabilità, sarà dichiarata incostituzionale.

A BEN VEDERE, diseguaglianze crescenti, libertà e diritti ridotti, informazioni distorte o sottaciute, legalità compromessa, militarizzazione rampante, sia nei rapporti tra gli stati che al loro interno, frantumazione e degenerazione della forma partito, oltre che una regressione reazionaria, foriera di crescente pericoli, costituiscono una formidabile occasione per una radicale revisione del nostro modo di pensare e di agire la politica.

A COMINCIARE da noi stessi, frammento di una realtà più larga e interconnessa, nazionale e globale.
Ciò che siamo, i messaggi che intendiamo diffondere devono essere coerenti con gli obiettivi che proponiamo. Problemi estremi richiamano estremi rimedi come, ad esempio, quello da tempo proposto da Luigi Ferrajoli, che prevede incompatibilità tra cariche di partito e incarichi istituzionali. Tuttavia, focalizziamo l’attenzione su quanto è concretamente fattibile nell’immediato. Non è un caso se i tempi a nostra disposizione sono strettissimi perché i tutori dell’esistente li hanno voluti tali.

Non c’è più tempo per schermaglie di schieramento, risse di personalità, lottizzazioni di candidature che ci condannerebbero inesorabilmente all’omologazione con i nostri avversari.

L’APPARENTE buon senso del “sono tutti uguali” è incombente; immediatamente traducibile in un antidemocratica astensione dal voto come anche in un voto per chi grida più forte.

Nessuno s’illuda. Pierluigi Bersani, Roberto Speranza, Massimo D’Alema, Nicola Fratoianni, Nichi Vendola, Pippo Civati e i loro referenti locali, gli stessi partecipanti alla mobilitazione meritoriamente promossa da Anna Falcone e Tomaso Montanari, insomma tutti noi, nei prossimi giorni saremo sottoposti non solo allo scrutinio malaugurante dei media di regime, ma a quello, diversamente severo, di nostri potenziali elettori. Poiché non esistono i tempi e gli strumenti per primarie degne di questo nome, assemblee di collegio nominale potrebbero vagliare e decidere i rispettivi candidati, secondo una metodologia consolidata nel partito laborista britannico (cfr. Alfio Mastropaolo, il manifesto, del 7 dicembre), mentre le liste proporzionali potrebbero consentire correttivi eventualmente necessari.

QUI SUBENTRA un altro elemento che qualificherà, in senso positivo o negativo, le candidature. Noi siamo attualmente afflitti da un professionismo politico sprezzante di qualsiasi competenza governativa, amministrativa o di preparazione specifica. Non si tratta di cattedre o di lauree, anche se in qualche caso potrebbero non nuocere.
L’esperienza professionale, sindacale, imprenditoriale, di volontariato, di attività nel terzo settore possono valere più di un titolo di studio, mentre quella di apparato partitico, o la telegenia, raramente li surroga agli occhi di un cittadino ormai smaliziato.

MA VI È DI PIÙ. Per combattere la sfiducia diffusa della politica, non sarà sufficiente presentare candidature prive di precedenti giudiziari o mafiosi, o una generica appartenenza alla società civile.
A questo fine occorre la generosa disponibilità di persone qualificate per competenza e coerenza, disposte a mettersi in gioco in un ambito, quello della politica, ritenuto dai più di per se squalificante, a favore di una lista che non può certo assicurare gratificazioni di potere o d’immagine.

L’IMPORTANZA della scelta di Pietro Grasso, seconda carica dello Stato, consiste nella sua consequenziale rinuncia a prospettive di carriera e di privilegio almeno nell’immediato assai più solide di quanto non possa offrire la guida di una lista quale quella di LeU. Auguriamoci che altri seguiranno il suo esempio. A lui incombe la responsabilità di garantire che quella lista non riproduca, nemmeno in piccola parte, il fenomeno macroscopico di parlamentari e professionisti della politica alla sola ricerca di una conferma in carica.

È IN GIOCO un rinnovamento etico di cui abbiamo bisogno come del pane perché attesta il realismo di alcuni messaggi programmatici.
Come invocare un incremento della spesa pubblica e delle assunzioni, rigore nella lotta all’evasione e all’elusione fiscale, una revisione della spesa – sempre invocata, ma in realtà mai realizzata da precedenti governi – che colpisca interessi parassitari e privilegi corporativi di cui il nostro Stato è carico, senza evocare e credibilmente prefigurare una tensione etica, oggi assente dalla politica?

AD ESEMPIO, come è possibile realizzare necessarie opere pubbliche se non si sopprimono le offe garantite a funzionari del Tesoro e della Ragioneria dello Stato attraverso sovradimensionate e disfunzionali commissioni di collaudo? Se anche solo sospetti di forme clandestine di finanziamento delle forze politiche inquinino le decisioni di Governo e Parlamento?

Come è possibile realizzare una nuova e diversa politica estera e di difesa della pace e della legalità internazionale, conformi alla lettera e allo spirito dell’articolo 11 della Costituzione, allorquando le relative decisioni non siano accompagnate, se non motivate dai ritorni economici di Leonardo (ex Finmeccanica),come avviene dalla vendita di materiali bellici all’Arabia Saudita e di altri clienti degli stati del Golfo per bombardare la popolazioni inermi nello Yemen e da acquisti di F 35 che lo stesso organo di controllo della spesa degli Stati Uniti dichiarano carenti ed esosi?

COME È POSSIBILE l’impegno per una nuova e diversa politica europea, che si tratti di ambiente, migrazioni o di una politica del lavoro, specie a favore dei più giovani, se soltanto il buon Renzi alza la voce per la disponibilità di regalini a scopo elettorale?
Il realismo di un nuovo e diverso programma di governo dipende da un’etica pubblica corrispondente ad una politica radicalmente alternativa a quella tuttora vigente.
La credibilità della proposta di Libere e Uguali, che si traduca in opera di governo o di opposizione, ne dipende fin da oggi.