Maurizio Zamparini di nuovo in sella al Palermo. Ma Paul Baccaglini, il presidente che non ha tirato fuori un euro di quanto promesso su carta, ancora presidente della squadra siciliana. In Sicilia va in scena l’avanspettacolo all’aperto. Forse Baccaglini si dimetterà come invocato da Zamparini (così scrivevano ieri alcuni organi di stampa), forse approfitterà della luce mediatica per qualche altra passerella. Di sicuro, l’estate per i tifosi palermitani l’amaro in bocca per la retrocessione in Serie B è quasi miele rispetto alla delusione per il teatrino messo in piedi dall’attuale proprietario dei rosanero e dell’ex inviato de Le Iene che si era impegnato ad acquistare il club, posizionandolo tra le grandi d’Italia.

L’ultimo passaggio in ordine temporale: l’annuncio di Zamparini che il closing, la trattativa per il passaggio di consegne con Baccaglini impostata lo scorso febbraio, sarebbe saltato. Non sono arrivate in banca le garanzie dei 150 milioni di euro complessivi previsti dall’accordo sottoscritto tra le parti, 40 per le azioni del club – da assicurare subito -, poi 110 per la costruzione di impianti (stadio e centro sportivo) nel capoluogo siciliano. Tutto confermato da Zamparini in un’intervista a Repubblica. Ma nessuno è rimasto spiazzato dalla mancata cessione del Palermo. Anzi, nessuno aveva creduto all’ingresso in technicolor sulla scena siciliana di Baccaglini e del suo fantomatico gruppo finanziario, Integritas Capital Management. Soprattutto dopo l’ingaggio del nuovo allenatore del Palermo, Bruno Tedino e del nuovo direttore sportivo (Fabio Lupo), uomini scelti da Zamparini. Senza tracce lasciate da Baccaglini. Dall’ex uomo de Le Iene che raccontava con perizia in tv i mille tatuaggi disseminati sul suo corpo, solo promesse, rinvii, rassicurazioni. Sostanza, poca. Anzi, nulla.

Secondo Zamparini (che ha reso noto il suo pensiero attraverso una lettera pubblica), il gruppo Baccaglini gli avrebbe proposto una cifre inferiore rispetto agli accordi, pagabile in quattro anni, senza garanzie per il futuro Palermo, così come per le infrastrutture che aveva promesso di realizzare. E sempre secondo il patron del Palermo, lo stesso Baccaglini – come da accordi contrattuali – avrebbe dovuto dimettersi se entro il 30 aprile non i soldi non fossero finiti sul conto di Zamparini, salvo deroga scritta tra le parti. Che non c’è stata. Dunque, al momento c’è un presidente che nel corso degli anni, specie gli ultimi, è stato al centro del quadrato per allenatori esonerati, calciatori venduti a peso d’oro ma con Palermo sempre in A, sino al disastro dell’ultima stagione. Ma soprattutto, un personaggio, Baccaglini, che in poco più di tre mesi si è concesso una ribalta mediatica senza precedenti. Dalle sue personalissime leggi su un nuovo modo di fare finanza al presidente del Senato Pietro Grasso allo stadio palermitano, le strette di mani con il neo rieletto sindaco Orlando, sino alla poltrona di Fabio Fazio in tv. Senza ricordare le prime pagine in omaggio sui quotidiani nazionali.

Tanta pubblicità gratuita, zero euro investiti. Per una vicenda simile – anche se non ci sono condanne per uso di capitali illeciti e non c’è un club sull’orlo del fallimento – al Parma (poi fallito) di due anni fa finito nelle mani di Giampietro Manenti e il suo grottesco interregno, tra le gestione di Tommaso Ghirardi e poi del – mai visto sulle scene – imprenditore albanese Taci. Gente con il passpartout per entrare a gamba tesa nel calcio italiano. Senza controlli preventivi, senza una Lega che faccia avvertire il suo ruolo. In attesa del prossimo Baccaglini.