Joe Barbieri è il cantautore italiano che più gioca in sottrazione nella costruzione dei suoi brani. Melodici ma mai invadenti, cantati quasi in punta di voce. Origami – ovvero l’arte giapponese di piegare la carta fino a farla diventare, ad esempio, un fiore, è titolo quanto mai pertinente, come sottolinea lo stesso compositore napoletano: «Ho vissuto il concepimento di questo disco, dalla composizione delle singole canzoni, fino alla scrittura degli arrangiamenti, alla loro realizzazione, in prevalente solitudine, immerso in un processo di ricerca intima e della essenzialità e dell’estetica più pura di cui potevo essere capace».

Le undici canzoni del quinto album, con molte presenze eccellenti: da Paolo Russo a Giuseppe Milici con Paolo Fresu a «duettare» sulle note di Rinascimento, perfezionano – se possibile – uno stile affascinante che se forse ha un difetto è proprio quello di una eccessiva uniformità. Difetto che – non sembri affatto un paradosso – è al contempo anche la sua maggior forza, come dimostrano i deliziosi acquerelli sonori tra Brasile (Pane per i tuoi denti) e un suadente eco jazz (Una cicatrice ed un fior).