Per «capire il cambiamento climatico» bastano 25 minuti. Tanto dura il montaggio degli scatti dei maestri del National Geographic, 300 fotografie che documentano gli effetti del climate change in tutto il mondo, e che scorrono sulle pareti del Museo di Storia Naturale di Milano, in Corso Venezia. Tra le altre, tra le più impressionanti, quella del lago Poopo, secondo per estensione in Bolivia dopo il Titicaca, che si è prosciugato nel 2015 per la riduzione dei ghiacciai andini che lo alimentavano, siccità prolungate e derivazione di acqua degli immissari per agricoltura e imprese minerarie. O quella del ghiacciaio Bridge, in British Columbia (Canada), che si è ritirato di ben 3 chilometri in appena 12 anni tra il 2004 e il 2016.

Spazio anche ai fenomeni meteorologici estremi, come le ondate di caldo senza precedenti, l’aumento dei periodi di intensa siccità o l’incremento di tempeste e uragani. C’è anche l’Italia, con le immagini del disastro ambientale dell’altipiano di Asiago scattate nel novembre del 2018 dal freelance Michele Lapini: il cambiamento climatico si misura anche nel nostro paese.
L’esposizione, inaugurata il 7 marzo scorso, è in programma fino al prossimo 26 maggio, data delle elezioni europee (tutte le info https://natgeoexperience.com).

«Capire il cambiamento climatico» non è semplicemente una mostra: chi entra nell’area espositiva, che occupa 400 mq, potrà confrontarsi con un’esperienza di visual storytelling ed esperienze sensoriali, che consentono di scoprire meccanismi ed effetti della trasformazione del Pianeta.
Ci sono installazioni digitali, olfattive e sonore, con postazioni e pareti interattive che si susseguono nel percorso espositivo, che risulta suddiviso in tre momenti distinti. Dopo l’esperienza (le immagini) e la consapevolezza (i dati), arriva – per ultimo – un invito all’azione, prendendo consapevolezza, entrando dall’ultima stanza all’interno del Museo di Storia Naturale, che il Pianeta non è nostro, non è dell’uomo.

Le ragioni di questo lavoro? «Siamo giunti a una svolta globale, e questo determina necessità e bisogno di agire immediatamente in maniera decisa. Il ruolo della società è quello di cercare la verità e nel metterla in evidenza», spiega la National Geographic Society.

Nell’area dedicata all’invito all’azione si spiega come ognuno di noi possa compiere scelte utili e gesti appropriati per contrastare il cambiamento climatico: nelle proprie scelte per l’alimentazione, per i consumi energetici, la gestione dei rifiuti, le scelte legate alla propria mobilità, all’igiene della persona e della casa. I comportamenti virtuosi servono, anche se non possono essere sufficienti. Il perché lo spiega Luca Mercalli, presidente della Società Meterologica Italiana, e responsabile scientifico di «Capire il cambiamento climatico»: «Il riscaldamento globale generato dall’uomo non è un’ipotesi per il futuro bensì un fenomeno già in atto. La temperatura della Terra è aumentata di oltre un grado Celsius nell’ultimo secolo, il 2018 è stato il quarto anno più caldo della storia a livello globale e il primo anno più caldo in Italia, Francia e Svizzera». Un problema che riguarda in particolare la nostra specie: «La Terra con la sua biosfera certo non morirà. Soffrirà, cambierà, evolverà, ma non scomparirà. A scomparire, però, potrebbero essere le condizioni ottimali per la vita umana, che potrebbe anche essere spazzata via dalla sesta estinzione di massa» scrive Mercalli.

«Capire il cambiamento climatico» nasce da una collaborazione tra National Geographic e OTM Company, uno spin off nata a Cortona (AR) nel 2015 per valorizzare le competenze dei membri di ONTHEMOVE, l’associazione culturale che dal 2011 organizza il festival internazionale di fotografia Cortona On The Move (www.cortonaonthemove.com): l’edizione 2019 è in programma dal 12 luglio, e il focus è il rapporto tra gli umani e il paesaggio.