Scuole, asili, uffici e negozi chiusi, ma anche i tre tribunali cittadini pronti a rinviare le 80 udienze previste e la metropolitana, solitamente affollata, che ha fatto registrare 200mila passeggeri in meno. Mentre le strade si riempivano di migliaia di berlinesi felici di celebrare la prima Giornata della Donna elevata al rango di festività di Stato.

Effetti collaterali del “nuovo 8 marzo” di Berlino, dopo che il governo della capitale tedesca ha inserito la ricorrenza nel calendario ufficiale. Eppure «nessun obiettivo raggiunto ma solo il primo passo verso la parità, per riaprire il dibattito al Bundestag dove le donne sono appena un terzo» come precisa Franziska Giffey, 40 anni, ex sindaca Spd del quartiere Neukölln, attuale ministra della Famiglia. Ieri ha indossato la tuta arancione fluorescente della Bsr – la municipalizzata dei rifiuti di Berlino – riciclandosi come “spazzina” nelle vie del suo rione. Per un turno intero, ben oltre la photo opportunity.

A Berlino i netturbini sono stati tra i pochi a lavorare, insieme alla manciata di volontari che ha permesso di celebrare i matrimoni fissati prima dell’introduzione della festività comandata.
In parallelo a Est come a Ovest prendevano il via decine di manifestazioni organizzate, a cominciare dalla purple ride: la «corsa delle femministe» partita dal quartiere di Kreuzberg e arrivata a Lichtenberg dopo aver attraversato mezza città. Centodieci cicliste con parrucca e zainetto viola, il dito piantato sul campanello, salutate a ogni passaggio dall’applauso dei residenti.

Ad Alexanderplatz dalle 14 si sono date appuntamento le donne dell’associazione Frauen Kampftags riunite sotto lo slogan «Festeggiare, scioperare, proseguire nella lotta». Tra loro spiccavano le rifugiate siriane e afghane insieme al «cartello delle migranti».

Ma l’8 marzo a Berlino «non è stata una festa bensì uno sciopero» come hanno ricordato le maestranze del teatro Gorky che, proprio per questo motivo, hanno rimandato a oggi la presentazione della pièce prevista per ieri.